Glifosato: l’esposizione aumenta il rischio di cancro
Un nuovo studio (meta-analisi) sull’esposizione umana al glifosato, la sostanza del diserbante più diffuso al mondo, indica l’aumento del 41% del rischio di sviluppare un tumore nel sistema linfatico, confermando i dubbi espressi in gennaio dal Parlamento UE sulla controversa questione di “non cancerogenecità” della sostanza.
L’esposizione al glifosato, un diffuso erbicida ad ampio spettro utilizzato in tutto il mondo, aumenta del 41% il rischio di sviluppare il linfoma non Hodgkin (NHL), un tumore che si sviluppa nel sistema linfatico, ovvero nelle cellule e nei tessuti deputati a combattere le infezioni e altre forme di aggressioni all’organismo e di garantire la corretta circolazione dei fluidi nell’organismo.
È quanto emerge dallo Studio “Exposure to Glyphosate-Based Herbicides and Risk for Non-Hodgkin Lymphoma: A Meta-Analysis and Supporting Evidence” (Esposizione a erbicidi a base di glifosato e rischio per linfoma non Hodgkin: una meta-analisi e prove di supporto), pubblicato su Mutation Research / Reviews in Mutation Research e condotto da un team di ricercatrici della Divisione di scienze della salute ambientale – Scuola di salute pubblica dell’Università di California-Berkely.
Negli ultimi anni, c’è stata una controversia sui rischi cancerogeni del glifosato tra le Agenzie sanitarie regionali, nazionali e internazionali.
Nel 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il glifosato ” è probabilmente cancerogeno per l’uomo“.
Tuttavia, due anni dopo, l’Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense (EPA) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno entrambe dichiarato che il glifosato “non è probabilmente cancerogeno per l’uomo“.
Nello stesso anno, la Bayer che nel frattempo stava acquisendo la Monsanto, azienda multinazionale di biotecnologie agrarie produttrice del Roundup, l’erbicida più diffuso al mondo a base di glifosato, una molecola scoperta dalla Monsanto negli anni nei anni ’70, sosteneva che tale diserbante è stato “uno strumento di controllo delle piante infestanti sicuro ed efficiente”.
In Europa il dibattito è risultato particolarmente acceso, anche a seguito delle accuse rivolte all’EFSA di non aver condotto una valutazione obiettiva durante il processo di revisione dell’autorizzazione al commercio del prodotto nell’UE, ma di aver accolto gran parte delle considerazioni esposte dalla Monsanto.
Nel frattempo, l’iniziativa dei cittadini europei “Vietare il Glifosato e proteggere le persone e l’ambiente dai pesticidi tossici” avviata in primavera aveva raggiunto il requisito di oltre un milione di firme nel tempo record di 5 mesi, mostrando la grande preoccupazione sociale nei confronti dei pesticidi.
Tant’è che nel dicembre 2017, la Commissione UE che doveva decidere sul rinnovo dell’autorizzazione, vista impossibilità nel Consiglio europeo di raggiungere una posizione maggioritaria le divisioni in merito tra gli Stati membri, proponeva di limitarlo a 5 anni, anziché dei soliti 15, tenuto conto anche dell’iniziativa dei cittadini, della risoluzione non vincolante del Parlamento europeo che chiedeva il divieto di commercializzazione del glifosato al 2022, nonché del fatto che ”le informazioni supplementari su questa sostanza vengono pubblicate a ritmo elevato”.
Il 16 gennaio 2019 il Parlamento europeo ha dato il via libera al progetto della Commissione PEST, istituita dopo l’insoddisfacente conclusione sul rinnovo dell’autorizzazione, per rendere pubblici gli studi utilizzati nella procedura di validazione di ogni singolo pesticida, compresi tutti i dati e le informazioni a sostegno delle domande d’autorizzazione. Inoltre, al fine di risolvere la controversia sulla cancerogenicità del glifosato è stata richiesta una revisione sistematica di tutti gli studi rilevanti sul tema.
Stante questi presupposti, lo Studio ora pubblicato (ricordiamo che trattasi di una meta-analisi ovvero che si sono messi assieme dati di altri studi e ricerche in modo da trarre conclusioni più forti di quelle che sarebbero state evidenziate sulla base di ogni singolo studio), è destinato a rinfocolare polemiche.
“Tutte le meta-analisi condotte fino ad oggi, inclusa la nostra, riportano costantemente la stessa scoperta chiave: l’esposizione a GBH [erbicidi a base di glifosato] è associata ad un aumentato rischio di NHL – ha dichiarato Rachel Shaffer, co-autrice dello Studio – Questa ricerca fornisce l’analisi più aggiornata delle correlazioni tra glifosato e il linfoma non-Hodgkin, includendo uno studio del 2018 su oltre 54.000 persone che nelle loro attività lavorative utilizzano pesticidi autorizzati”.
I risultati sarebbero anche supportati da studi condotti su animali che dimostrano come i topi trattati con il glifosato puro abbiano una maggiore incidenza di sviluppare un linfoma maligno.
Le ricercatrici sottolineano, tuttavia, che sono necessari ulteriori studi per tenere conto degli effetti dell’aumento dell’esposizione dalla pratica del “disseccamento” (green burndown) che potrebbero non essere pienamente colti negli studi esistenti ed esaminati in questa nuova pubblicazione, dal momento che solo a partire dagli anni 2000 i diserbanti a base di glifosato vengono applicati alle colture poco prima del raccolto, comportando un notevole aumento dell’esposizione a tale sostanza chimica.
Monsanto-Bayer ha definito l’analisi come una “manipolazione statistica” con “gravi errori di metodo”, aggiungendo che lo studio non fornirebbe “prove scientifiche valide che contraddicano l’enorme quantità di studi che dimostrano che l’erbicida che contiene il glifosato non è cancerogeno”.
“È un caso studio più forte rispetto alle precedenti meta-analisi condotte, ci sono prove più schiaccianti di un aumento del rischio di contrarre un tumore a causa dell’esposizione al glifosato – ha affermato Lianne Sheppard co-autrice e Professore di biostatistica e scienze della salute ambientale e occupazionale all’Università di Seattle – Washington – Dal punto di vista della salute della popolazione, sono alte le preoccupazioni”.
Tre delle 5 autrici dello studio sono stati scelte dall’EPA statunitense come membri del consiglio di amministrazione per un Gruppo di consulenza scientifica del 2016 sul glifosato.
Fonte: www.regionieambiente.it