VELENO - Episodio 5 - La strage dei gatti neri
(Tempo di lettura: 14 - 28 minuti)
Nella soffitta di casa di una delle famiglie coinvolte, abbiamo trovato più di 50 videocassette con le testimonianze dei bambini. È cambiato tutto: i ragazzini "di carta" - di cui conoscevamo solo i verbali - sono diventati reali, e per la prima volta a parlare sono stati proprio loro
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Trascrizione
Live video bambini che si sovrappongono
Galliera, Romano, Adriana ed Igor, genitori e fratello di Dario, condannati. Federico Scotta, padre di Elisa e Nick, condannato.
Giuliano Morselli e sua moglie Monica Roda, padre e madre di Cristina, condannati.
Santo Giacco, padre di Margherita, assolto.
Lorena e Delfino Covezzi, genitori di Veronica, Pietro, Federico ed Aurora, assolti dopo 16 anni.
Don Giorgio Govoni, assolto dopo la morte.
Questi sono solo alcuni degli oltre 20 imputati che hanno preso parte al processo ‘Pedofili della Bassa Modenese’.
Per ovvi motivi non possiamo raccontarvi la vicenda processuale di ognuno di loro, ci vorrebbero ore, anche perché ci sono stati ben 5 filoni processuali, ognuno con i suoi gradi di giudizio, e quindi rischieremmo di perderci.
Per semplificare però diremo questo.
Il Tribunale di Modena, inizialmente, aveva identificato due reati diversi: gli abusi sessuali commessi in ambito domestico, e le violenze avvenute nei cimiteri.
In primo grado erano stati condannati tutti. Ma i destini si sono divisi quando si è passati al secondo grado.
I giudici della corte d’appello di Bologna, infatti, hanno deciso che le accuse di abusi satanici nei cimiteri non reggevano, per totale mancanza di prove, mentre gli abusi domestici erano veri, ma solo in alcuni casi e solo per alcuni imputati.
E così, c’è chi ha subito dure condanne ed è finito in carcere, per sei mesi o addirittura per 11 anni, come Federico Scotta.
Altri invece sono stati assolti da tutte le accuse, anche se qualcuno - come Lorena - ha dovuto aspettare 16 lunghi anni per sentirsi dire che era innocente.
L’idea che ci siamo fatti quindi, dopo aver letto tutte le carte, è che in questo intricatissimo processo, che qualcuno oggi definisce un ‘colossale pasticcio giudiziario’, le condanne e le assoluzioni siano state decise su basi arbitrarie.
Infatti nessuno degli adulti ha mai confessato, né accusato gli altri, e non è mai stata trovata nessuna prova che dimostrasse davvero la loro colpevolezza. Nessuna foto, nessun video, nessun testimone.
Gli unici pilastri dell’accusa sono stati sempre e solo gli stessi: le parole dei bambini, le visite mediche e le perizie psicologiche.
Il destino che però accomuna i genitori - sia condannati che assolti - è che nessuno dei loro 16 figli è mai più tornato a casa.
SIGLA
Live video bambina:
Io ho già fatto la mia parte, adesso…
… Io ho sofferto, però adesso soffrirete voi…
… Cari genitori, voi mi avete fatto del male, molto, e io ho sofferto. Però adesso soffrirete voi…
… adesso soffrirete voi....
Penso di aver messo in play questa frase decine di volte e quando la sento, devo dire che mi dà i brividi. Poche parole, formulate da una bambina di solo dieci anni.
Quando abbiamo iniziato ad occuparci di questa storia, per mesi quei bambini erano come fantasmi per noi. Di loro sapevamo praticamente tutto. Quando erano nati, le malattie che avevano avuto, i voti che prendevano a scuola, e poi le cose terribili che avevano raccontato nei verbali, ormai vent’anni fa.
Ma non li avevamo mai visti né sentiti, a parte le poche frasi dette dalla piccola Margherita sul lato B dell’audiocassetta registrata nel cimitero.
Live Margherita che ritorna: ”Lì ammazzavano dei bambini...”
Per il resto quei piccoli erano fatti di carta. Potevamo solo immaginarli.
Poi, un giorno, è cambiato tutto.
Ero a casa di Giulia, che subito dopo lo sfratto aveva ospitato Dario per alcuni mesi.
Live Dario da piccolo che ritorna: ”Ciao amico...”
Vi ho già raccontato di quanto lei e la sua famiglia si fossero affezionati al bambino, nel breve periodo in cui era stato da loro.
Quando poi Dario aveva iniziato a parlare di abusi e di cimiteri Oddina, la madre di Giulia, che a Massa Finalese conosceva praticamente tutti, aveva cominciato una sua indagine personale su questa storia. Raccoglieva in modo quasi maniacale tutti i giornali, si faceva fotocopiare gli atti, seguiva le udienze. E cercava nuovi testimoni.
Anche lei come altri in paese si era convinta che dietro al processo ai ‘diavoli della Bassa’, ci fosse una seconda verità.
Con quell’idea è morta, nel settembre del 2014, e durante la fase finale della sua malattia aveva chiesto alla figlia Giulia di non buttare l’immenso archivio che aveva creato.
In un pomeriggio del settembre 2015, esattamente un anno dopo la sua morte, Giulia ci ha aperto la soffitta di casa.
Era piena di scatoloni impolverati e faldoni ingialliti. Abbiamo passato più di un’ora a spostare cartoni e a sfogliare documenti che però avevamo già letto.
Ma in due scatole non c’erano atti processuali… c’era qualcosa di diverso.
Live Pablo: Scusa e queste cosa sono?
Live Giulia: Sono tutte cassette degli interrogatori che gli assistenti sociali e i pubblici ministeri fanno ai bambini interessati.
Live Pablo: Guarda quante... Cioè lei aveva gli interrogatori dei bambini su cassetta?
Live Giulia: Sì!
Davanti a noi c’erano più di 50 videocassette, ognuna con un’etichetta bianca, con scritta a penna una data e un nome: Marta, Margherita, Cristina, i figli di Lorena...
Live Pablo: E come fate ad avercele voi scusami?
Live Giulia: Non lo so...
Live Pablo: Mamma mia quanta roba!
80 ore di video da guardare, ascoltare e trascrivere. Una mole di lavoro impressionante.
Ci sono volute settimane intere e tanti litri di caffè... Alcuni video erano talmente danneggiati da risultare incomprensibili, ma molti altri per fortuna no.
Erano incidenti probatori e audizioni, in pratica colloqui registrati che i piccoli avevano avuto con gli psicologi e i giudici, e che erano serviti come prova fondamentale per i processi.
E’ stata una svolta, totalmente inaspettata.
Incisa su quei nastri c’era una verità che ha messo in discussione tutti gli elementi che avevamo raccolto.
Fino a quel momento, delle accuse di abusi e violenze, avevamo notato soprattutto le stranezze e le incongruenze nei verbali, e non nego che spesso abbiamo pensato che fossero troppo assurde per essere vere.
Ora però, c’erano proprio i bambini a raccontare quelle storie, con i loro volti e le loro voci provenienti dal passato. E all’improvviso tutto sembrava tremendamente reale.
Live video
Live bambina: Queste cose che ti sto per dire sono successe quattro anni e mezzo… quattro anni fa.
Hanno iniziato prima i miei genitori che… il mio papà e la mia mamma che mi hanno fatto, una sera, mi hanno fatto del male.
Live bambina: Mi portava in posti brutti... In un cimitero e in casa di altre persone...
Live bambina: Ci hanno spogliati, picchiati lì in mezzo…
Live bambina: Poi dopo poi c’era il prete… nel senso di dire che lui faceva la messa, però dedicata al diavolo.
Live bambina: … allora è andato a prendere l’ostia, è venuto lì al cimitero e ci ha detto “Gesù non esiste” ha fatto così… “Gesù non esiste”... e queste cose. Poi ci ha parlato del diavolo, che la notte ti viene a prendere…
Lui ci metteva sulla tomba e ci faceva fare delle cose come ballare, fare dei gesti…
Live bambina: Noi avevamo anche dei gatti e noi li uccidevamo. Mio padre il sangue dei gatti ce lo faceva bere a noi.
Live bambina: … Poi a certi bambini gli aprivano qua e veniva fuori tutto il sangue, si vedevano delle sacche. Dopo ce li facevano uccidere. Io ne ho dovuti uccidere cinque… vabbeh, più anche, però in una sera in tutto cinque. Poi io ne ho dovuti uccidere tanti. Però ci andavamo tre volte alla settimana e dopo quelle tre volte alla settimana lì tutte le sere ne dovevo uccidere cinque...
Ascoltare questi racconti ci ha turbati profondamente, soprattutto per alcune descrizioni, che abbiamo preferito non farvi sentire.
Come facevano questi bambini a conoscere dettagli così spinti sul sesso, sulle torture, e sulla morte? Cosa si nascondeva dietro ai genitori che
avevamo visto piangere nella cucina di casa, guardando le fotografie dei figli, o i loro giocattoli?
Dopo aver visto quei video, abbiamo avuto mille dubbi e mille perplessità, ma una volta superato lo shock iniziale le stranezze e le incongruenze che ci hanno spinto a raccontare questa storia, sono riemerse, ancora più evidenti.
Quindici piccoli uccisi a Massa Finalese, ogni settimana, e solo da un bambino. Ma non è mai stato trovato nessun cadavere.
Sangue di gatto dato da bere, oppure iniettato. Una pratica che può essere letale, ma nessuno è mai finito in ospedale.
Torture con bastoni, spranghe e addirittura punteruoli. Ma nessuna maestra, e nessun pediatra, ha mai notato lividi, fratture o ferite.
Com’è possibile? Dove si era mai sentita una storia tanto assurda? Lo avremmo scoperto presto, lontano da Massa Finalese. In un altro tempo, e su un altro continente.
Negli Stati Uniti infatti, infatti, all’inizio degli anni ‘80, un’ondata di isteria collettiva ha attraversato il Paese, con centinaia di denunce, una identica all’altra. Il fenomeno del ‘Satanic Panic’, il ‘panico satanista’.
Live: The FBI 1988 Uniform Crime Report indicates that more than 18thousand murder investigations during that year….
Quello dell’asilo McMartin, in California, è sicuramente il caso più famoso.
La vicenda inizia nel 1983, in un sobborgo di Los Angeles, quando una mamma nota degli strani comportamenti nel figlio, e si convince che sia stato abusato all’asilo.
La donna racconta alla polizia una storia piena di particolari bizzarri - sostiene per esempio che uno dei maestri sarebbe addirittura in grado di volare - e nonostante nel suo fascicolo sia presente una diagnosi di schizofrenia, viene comunque creduta.
I genitori parlano tra di loro e con i figli, scatenando un effetto domino.
A centinaia di bambini, intervistati da psicologi e assistenti sociali, viene diagnosticato un trauma psicologico da violenze sessuali.
E una ginecologa riscontra abusi in più dell’80 per cento dei casi.
I racconti si trasformano presto in altro: si parla di persone travestite da diavolo, di rituali satanici, di sacrifici di animali e di bambini costretti a bere il loro sangue. Infine di omicidi.
La situazione è fuori controllo.
Qualche bambino racconta che i maestri li portavano addirittura in aereo nel deserto della California, per violentarli e poi tornare indietro in tempo, prima della chiusura dell’asilo.
Uno di loro sostiene che a presenziare ai rituali ci fosse addirittura Chuck Norris, il celebre Walker Texas Ranger della tv.
Nel 1990, dopo 7 anni, il processo si chiude con una sentenza che ribalta le accuse: verranno tutti definitivamente assolti.
Ma ormai il panico satanista dilaga.
Il caso forse più incredibile accade ad Austin, in Texas nel 1991, in un altro asilo. Quello gestito dalla coppia Dan e Fran Keller.
Fate attenzione alla dinamica, perché per molti versi sembra la fotocopia della storia dei McMartin.
Anche qui una madre nota nella figlia degli strani comportamenti e comincia ad interrogarla, fino a farle confessare gli abusi subiti all’asilo.
Un giovane medico di turno al pronto soccorso riscontra sulla bambina due piccole lesioni molto recenti. Vengono allertati la polizia e gli assistenti sociali.
In pochi giorni altri bambini accusano i Keller di abusi, di portarli in un cimitero, di dissotterrare delle bare, e di essere obbligati a bere sangue animale, alla presenza di persone mascherate che li filmano.
Vi ricorda qualcosa?
Anche qui si parla di un aereo con cui la coppia portava i bambini in basi militari in Messico, per violentarli, e rientrare all’asilo in tempo.
Dan e Fran Keller vengono condannati a 48 anni di carcere.
Nel 2009, però, il medico che aveva visitato la prima bambina, ammetterà che all’epoca dei fatti non era abbastanza esperto per identificare segni specifici di abuso.
La prova che aveva portato alla condanna dei Keller, cade.
Così, nel 2013, dopo 21 anni dietro alle sbarre, marito e moglie, ormai con i capelli bianchi, si riabbracciano fuori dal carcere.
Live Fran Keller: A lot of people will destroy everything you have…
In lacrime Fran racconta oggi che negli anni passati in cella ha subito di tutto.
Live Fran Keller: People throw boiling water at you… people make shanks…
Le altre detenute le tiravano addosso dell’acqua bollente, e in due occasioni era stata violentata.
Live Fran Keller: ...it’s bad...
Ovviamente in storie come questa polizia, tribunali e assistenti sociali hanno avuto un ruolo decisivo.
Ma chi più di tutti ha creato il clima di panico satanista dell’epoca sono stati i media, che senza farsi troppe domande, hanno cavalcato l’onda, con intere trasmissioni e speciali sugli abusi rituali.
La stessa Oprah Winfrey, la regina della tv popolare americana, ha dedicato ore e ore a questo argomento.
Live Oprah: … Our next guest was used also in worshipping the devil, participated in human sacrifice rituals, cannibalism…
E così, racconti di persone costrette a mangiare carne umana e ad assistere a violenze di gruppo hanno invaso milioni di case in tutti gli Stati Uniti.
Presunti esperti della polizia e dell’FBI giravano per il Paese, organizzando seminari su come riconoscere la presenza di gruppi satanici nel proprio quartiere.
In breve tempo il panico satanista ha attraversato l’oceano e contaminato anche l’Europa.
Ce lo racconta Giuliana Mazzoni…
Live Mazzoni: Sono professore ordinario di psicologia e neuroscienze presso l’università di Hull, in Inghilterra.
La Mazzoni studia questi casi ormai da anni. Soprattutto nel Regno Unito.
Live Mazzoni: Questi casi sono interessanti perché sono tutti preceduti da conferenze, le quali fondamentalmente informano insegnanti e genitori dell’esistenza dell’abuso sessuale collettivo di tipo satanico, e invitano genitori e insegnanti e assistenti sociali a interrogare i bambini, senza in realtà insegnare come interrogare i bambini. Ed è curiosissimo come alcuni mesi dopo questi seminari abbiano cominciato a fioccare le denunce.
Live Pablo: Cioè dove passava… dove arrivava questo seminario poi si creava un caso?
Live Mazzoni: E poi si creava un caso, sì.
In decine e decine di processi, e fra migliaia di bambini coinvolti in tutto il mondo, ricorrono sempre gli stessi elementi descritti anche dai piccoli della Bassa Modenese.
Abusi sessuali, il sangue da bere, i travestimenti, gli omicidi più cruenti…
Perché i racconti di bambini di Los Angeles, di Manchester e di Massa Finalese si assomigliano così tanto?
Secondo molti studiosi della materia, è perché fanno parte di un immaginario collettivo condiviso da tutti, che assimiliamo sin dalla prima dall’infanzia e che ci accompagna per tutta la vita.
Siamo bombardati da questa roba anche se non ce ne rendiamo conto.
Le coltellate al cuore? Non vi ricorda l’incontro tra la matrigna di Biancaneve e il cacciatore?
Live cartone Biancaneve: … e per portarmi la prova che l’hai davvero uccisa mi porterai il suo cuore, qua dentro!
Persone mascherate che fanno rituali? Per esempio in Eyes Wide Shut, di Stanley Kubrik.
Live Eyes Wide Shut: … può dirmi la parola d’ordine, gentilmente?
Sangue da bere? Tutti sappiamo chi era il Conte Dracula.
Sono solo alcuni esempi fra migliaia di cartoni film, libri e serie tv. I mostri ci hanno sempre fatto paura, da quando esistiamo.
Questa cultura del macabro genera però in noi sospetti e pregiudizi, anche quando non siamo di fronte a una minaccia reale.
Il meccanismo è molto semplice: senti parlare di un pericolo, ti convinci che esista, e poco dopo cominci a vederlo ovunque anche tu.
Basta accendere la televisione.
Live TG
Arriva un grido d’allarme, ogni anno sparirebbero almeno 60.000 gatti neri, 7000 solo in Lombardia, 1500 a Roma, Milano e Torino, uccisi durante riti satanici...
60.000 gatti neri, cioè 7 ogni ora? E’ un vero e proprio sterminio!
Può anche far sorridere, ma dietro a notizie come questa c’è un fenomeno pericoloso, perché quello che la memoria registra è che in giro per l’Italia ci siano migliaia di satanisti di cui avere paura. Pochi probabilmente si chiedono: chi ha fatto queste statistiche, e come?
Non importa. Scatta il panico collettivo e a tutti manca un gatto nero all’appello.
Live David Murgia: Ben trovato al pubblico di Vade Retro. In questa nuova puntata del nostro settimanale di informazione sul mondo del satanismo e sul mondo dell’occulto…
La tv è piena di programmi dedicati a Satana e ai fenomeni dell’occulto, che propongono immagini e musiche suggestive, con stormi di corvi neri, tombe e teschi...
Live Vade Retro: … dove uccidono animali, dove stuprano delle donne e purtroppo anche nei confronti dei bambini...
Però non ci sono mai prove oggettive e dati statistici. Sembra più di sentire le storie dell’orrore che ci accompagnano fin da quando andavamo all’asilo.
Live Pablo: Professor Introvigne, mi parla del satanismo legato anche alla pedofilia?
Live Introvigne: Sì, su questo naturalmente ci sono molte leggende urbane, molti casi famosi si sono conclusi in un nulla di fatto, cioè in maggioranza sono casi fasulli.
Lo studioso Massimo Introvigne cita due grossi studi commissionati dal governo americano e da quello inglese, che hanno analizzato migliaia di casi…
Live Introvigne: … e hanno trovato che in un numero di casi molto basso, c’erano stati dei pedofili che avevano indossato maschere da demoni, ma sono casi molto molto rari. I più grandi processi collassano senza condanne. Le condanne sono pochissime.
In poche parole: non ci sono prove dell’esistenza di sette sataniche che compiono sacrifici e abusi rituali collettivi, ma rari casi di pedofili che utilizzano l’immaginario satanista per compiere i loro atti criminali.
Ora, non fraintendiamoci. Gli abusi sessuali sui bambini esistono e sono un problema reale. E’ un dramma che avviene in tutto il mondo, spesso tra le mura di casa.
Per combattere questo fenomeno c’è bisogno di programmi, di fondi, di strutture, e di professionisti in ambito giudiziario e sociale che sappiano come proteggere e curare le vittime.
Stiamo parlando di una delle materie in assoluto più delicate e difficili da trattare, non solo per chi affronta questi problemi tutti i giorni, ma anche per chi fa il nostro mestiere.
Credetemi, non è facile.
Quello che però esperti ed accademici hanno iniziato a chiedersi è: che cos’è più diffuso, il fenomeno della pedofilia, o la nostra paura della pedofilia?
In tutto il mondo è stata prodotta una vasta letteratura scientifica sull’argomento.
Molti sono concordi nel sostenere che alla metà degli anni ‘90, proprio quando avvengono i fatti della Bassa Modenese, il nostro Paese sia stato attraversato da un’ondata di ‘psicosi pedofilia’.
Come per tutti i fenomeni non c’è mai un solo una causa. In tanti sostengono però che l’apice sia stato raggiunto nel 1996, in concomitanza con l’approvazione al Senato della Legge 66, “Norme contro la violenza sessuale”, che trasformò questo reato da ‘delitto contro la moralità pubblica’ a ‘delitto contro la persona’.
Si tratta di un provvedimento importante e assolutamente necessario, arrivato dopo anni di battaglie e di campagne per il riconoscimento di un reato fino a quel momento troppo sottovalutato.
L’esistenza della legge di sicuro aveva creato consapevolezza nella popolazione, che ora aveva uno strumento per difendere i bambini, ma allo stesso tempo sembra aver alimentato una psicosi che già da tempo cresceva ovunque.
Dopo l’approvazione di quella legge si verificò infatti un trend abbastanza particolare.
Occhio ai numeri. Tra il 1996 e il 1999 ci fu un aumento del 90% delle denunce di violenze sui minori. I tribunali cominciavano a riempirsi di processi ai pedofili, a cui i giornali davano ampio risalto. Abbiamo fatto una ricerca nell’archivio storico di Repubblica: negli articoli scritti tra il 1986 e il 1996 i risultati della parola ‘pedofilia’ sono 122, mentre nei dieci anni successivi schizzano a 4388.
Chi ha vissuto quegli anni ricorderà che di pedofilia si parlava molto spesso. Un testimone ce l’ho qui accanto a me: Alessia Rafanelli, con cui ho scritto Veleno, che è nata nel 1990.
Live Alessia: La storia di Veleno io la sento molto mia perché il paese in cui sono nata è molto simile a Massa Finalese. E’ piccolo, in cui tutti conoscono tutti…
Un giorno poi scoppiò un caso anche da noi, nel senso che venne fuori che una bambina aveva visto uno sconosciuto ai giardinetti che faceva delle foto a noi bambini mentre giocavamo. E la mamma subito era corsa a scuola dagli altri genitori, e aveva detto “attenzione, i pedofili sono arrivati anche da noi. Non lasciate i bimbi da soli”. Quindi c’era proprio il panico. I carabinieri vennero a scuola, anche quello me lo ricordo.
Live Pablo: Ma questo pedofilo alla fine poi non ho capito… si è trovato? Live Alessia: No… perché non esisteva!
Live Pablo: In che senso?
Live Alessia: Nel senso che la bambina che per prima aveva visto il pedofilo fotografo, a 16 anni mi confidò che il pedofilo non era mai esistito. Mi disse che lei l’aveva raccontato alla mamma solo perché non voleva andare a scuola…
Di nuovo… significa che il problema non esiste? Assolutamente no.
Per capire cosa succede davvero però, bisogna osservare attentamente l’ambiente e il contesto in cui i fatti accadono.
A Massa Finalese le piccole vittime vivevano una situazione di stress molto più grande di loro. Pensateci.
Allontanati da casa.
I genitori in carcere, o in attesa di processo.
La scia di morti che si allungava anno dopo anno.
Una madre, Francesca, che si era lanciata dal quinto piano.
Un condannato, Alfredo, l’amico di Romano Galliera, morto di infarto subito dopo la sentenza.
Un prete, Don Giorgio, già definito martire.
Infine Adriana, la mamma naturale di Dario, liberata dalla casa circondariale di Monza quando il cancro l’aveva già quasi uccisa.
E poi le manifestazioni di piazza, gli articoli sui giornali, gli appelli in tv...
Quanto erano condizionati i bambini dall’atmosfera di paura e di sospetto che serpeggiava tra le stanze del loro nuovo mondo, quello dei Servizi Sociali?
E’ stata una telefonata a farmelo capire più di ogni altra cosa.
Dall’altra parte dell’apparecchio c’era una donna a cui era stata affidata una delle bambine allontanate, che aveva fatto quei racconti terribili.
Live madre affidataria: Tra me e me ho pensato tante volte “sono cose impossibili”. Però nel momento in cui mi si teneva al corrente, mi si diceva “c’è il fratellino, anche il fratellino è stato allontanato, sono stati allontanati quattro fratelli”, poi mi si diceva “fate molta attenzione, quando andate via da qua dalla neuropsichiatra, state attenti che non vi segua nessuna macchina”. Cioè voglio dire… anche la cosa più assurda può essere vera.
E se una madre affidataria viene indotta a credere di essere addirittura spiata e seguita, cosa veniva detto ai bambini?
Alessia ed io abbiamo provato a chiederlo direttamente a loro. Non è stato facile trovarli.
Così come non è stato facile presentarsi alla porta di ragazzi che stanno cercando di dimenticare i traumi dell’infanzia e che a fatica provano a ricostruirsi una vita.
E’ brutto, ti senti una merda.
Ma era l’unico modo che avevamo per capire cosa fosse accaduto davvero.
Abbiamo provato a rintracciare di Dario. Il bambino zero. Lo stiamo cercando dappertutto. Niente. Sembra sparito nel nulla.
Però abbiamo trovato Marta. E’ stata molto carina e gentile, ma non ha voluto parlarci.
Margherita invece è rimasta affacciata al balcone. Non ci ha cacciati. Ma non ci ha fatti nemmeno salire.
E poi abbiamo incontrato tre dei figli di Lorena. Sono stati molto educati, ma anche loro hanno detto no.
E proprio quando stavamo per rassegnarci all’idea che non avremmo mai sentito la versione di uno di questi ragazzi, in un bar di Massa Finalese abbiamo conosciuto Alessandro. La sua storia ci ha colpiti molto, perché ci ha aperto gli occhi su una realtà per noi nuova: l’universo deforme, contorto, ambiguo e costellato di buchi neri che si nasconde nella nostra memoria.
Di lui non vi abbiamo ancora mai parlato, ma la notte del 12 novembre 1998, mentre la polizia entrava in casa di Lorena, una volante si era presentata anche alla porta dei suoi genitori. E come i 4 fratellini Covezzi, anche lui era stato portato via. E’ l’unico tra i 16 bambini ad aver accettato di parlare con noi. L’unico ad essere tornato a casa.
Anche se troppo tardi.
Alessandro oggi ha 30 anni. E’ un ragazzo pieno di rabbia e di amarezza.
Fino al giorno in cui lo hanno portato via, ha sempre vissuto a Massa Finalese.
Live Alessandro: … straviziato come tutti i figli unici penso, perché quello che volevo c’avevo.
Live Pablo: I tuoi genitori? Tuo papà e tua mamma com’erano?
Live Alessandro: Sempre presenti, mai avuto un problema, tranne una volta che sono scappato dal ristorante al mare, per andare a vedere le barche illuminate, ho preso due calci in culo da mio padre, ma ci sta.
Suo papà non era esattamente uno stinco di santo e sulla sua fedina penale aveva più di un trascorso...
Live Alessandro: Spaccio, gare clandestine, furti di videoregistratori...
E qualche soggiorno in carcere.
La madre, da quanto si dice in paese, era l’esatto opposto. Una brava ragazza, tranquilla, molto legata alla sua famiglia.
Nel 1998 Alessandro aveva 12 anni e da tempo sentiva parlare della Banda dei Diavoli...
Live Alessandro: A casa una volta ne parlò mio padre con mia madre e disse “Con le amicizie che ho, me l’aspetto che vengano a rompere le balle”.
Questo presagio si sarebbe concretizzato a breve, in quella famosa notte di metà novembre.
Live Alessandro: Mia mamma mi ha svegliato dicendo che dovevamo andar via… “C’è gente che ci aspetta, dobbiamo andar via un attimo e dopo torniamo a casa”.
Alessandro viene fatto salire su una macchina bianca della polizia, che parte diretta alla procura di Mirandola. Non rivedrà mai più i suoi genitori.
Live Alessandro: Io avevo già capito la situazione e volevo tornare a casa. Live Pablo: E da cosa l’avevi capito, scusami?
Live Alessandro: L’avevo capito perché era lo stesso sistema che avevano usato ed era comparso sul giornale la settimana prima, che hanno allontanato altri due bambini che io non conoscevo.
Da qui i ricordi di Alessandro si fanno confusi, la sua memoria ha dei buchi, anzi, delle voragini. Ad esempio non ricorda più i colloqui con gli psicologi, ma solo dettagli meno significativi.
Però è sicuro di non aver mai parlato né di cimiteri, né di strani rituali.
Dopo l’allontanamento era stato mandato in una casa famiglia dalle parti di Imola. E lì è rimasto, solo e lontano dalla sua famiglia.
Live Alessandro: Quando ho capito che dopo non tornavo più a casa mi sono chiuso su ad uovo e messo a piangere, però gli ho anche detto “Ricordatevi che io vengo a casa. Da dove sono io vengo a casa”.
E in effetti ci prova, due volte.
Live Alessandro: La prima volta a 14 anni mi hanno fermato in stazione a San Felice.
Live Pablo: Ti hanno fermato, t’hanno trovato i carabinieri?
Live Alessandro: Sì. Mi hanno riportato là direttamente. La seconda volta ci ho provato e mi hanno fermato in stazione a Bologna….
Finché un giorno al suo centro si presentano degli assistenti sociali, che lo prendono da parte…
Live Alessandro: “Guarda, è un dispiacere dirtelo così, però tuo padre è morto per problemi di malattia… sappi che non c’è più”. Addirittura la morte di mia mamma non sono venuti loro ma me l’ha comunicata un istruttore, diciamo, della comunità perché loro non avevano tempo di venire.
A 18 anni, Alessandro è tornato a Massa Finalese, per cercare di rimettere insieme i pezzi della sua vita, ma continua a chiedersi cosa sia successo quando aveva 13 anni.
Ce lo siamo chiesti anche noi, decine e decine di volte, finché tra le registrazioni che abbiamo recuperato, abbiamo trovato anche la sua voce di bambino.
Live video
Live giudice: Quanti anni hai? Live Alessandro: 13 e mezzo.
Live giudice: Hai l’esame quest’anno… Hai avuto la pagella del primo quadrimestre?
Live Alessandro: Sì, fa schifo...
Alessandro indossa un golfino beige, è seduto ad un tavolo, in una stanza con dei caloriferi gialli. Di fronte a lui c’è un giudice. Il ragazzino è molto educato e rispettoso.
E le sue parole sono inequivocabili.
Live video
Live giudice: Per quale motivo stavi male nel posto dove stavi?
Live Alessandro: Perché avevo conosciuto persone che… praticamente si divertivano a fare dei riti satanici, che si divertivano a praticamente a far male a dei bambini più piccoli.
Mi portavano i miei genitori perché quelli che facevano questi riti gli dicevano “Ah se non lo porti vi uccidiamo… vi uccidiamo”.
Alessandro quei racconti li aveva fatti. E se oggi ricorda l’esatto opposto, forse, è perché negli anni ha cancellato tutto per costruirsi una sorta di verità alternativa a cui credere per non soffrire. O forse per non sentirsi in colpa. Non sappiamo cosa fare. Vorremmo mostrargli il video, ma abbiamo paura di ferirlo. Ci siamo consultati con una psicologa, che ci ha detto di far decidere direttamente a lui.
Live Pablo: Ti va di guardarlo insieme? Te la senti? Live Alessandro: Sì sì sì...
Live Pablo: Sicuro?
Live Alessandro: Voglio sapere quello che ho detto… posso?
Inizialmente Alessandro lo guarda con attenzione, ma non dice una parola.
Poi, nel video, il giudice gli chiede cosa pensa della scelta del Tribunale di allontanarlo dai genitori...
Live video
Live giudice: … ecco questa decisione di cui abbiamo parlato secondo te è stata giusta oppure sbagliata?
Live Alessandro: E’ stata giusta, perché sono venuto via in un posto dove praticamente stavo male, e sono stato allontanato in un posto dove stavo bene.
Live giudice: Sei convinto di questo?
Live Alessandro: Sì.
Alessandro comincia a sentirsi a disagio.
Live Pablo: Tutto bene?
Live Alessandro: Sì c’è qualcosa che non va, però. Live Pablo: Cos’è che non va?
Live Alessandro: Per me ci sono dei pezzi che sono stati tagliati. Live Pablo: Da questa clip?
Alessandro si innervosisce e si alza dalla sedia. Va alla finestra e si accende una sigaretta. Vi assicuriamo che nel video non ci sono tagli e non c’è montaggio. Cerchiamo di spiegarglielo con molta delicatezza, ma lui comincia a concentrarsi su una serie di dettagli che non gli tornano.
Live Alessandro: Quella stanza con i termo gialli io non me la ricordo, perché… non ce n’erano di termo gialli quando fatto il colloquio col magistrato.
Sembra quasi che non voglia affrontare la realtà. Per lui è meglio credere che qualcuno abbia misteriosamente modificato quel video, come se ci fosse un complotto.
Ma la voce è la sua, e ha detto esattamente quelle cose.
Live video
Live Alessandro: Mi hanno fatto tagliare due volte un bambino Live Giudice: Tu lo conoscevi questo bambino?
Live Alessandro: No.
Live giudice: E stava fermo? O...
Live Alessandro: No, era… si agitava...
Live giudice: Ti ricordi chi te l’ha dato questo coltello?
Live Alessandro: Me l’ha dato un signore che era lì di fianco... Live giudice: È uscito del sangue?
Live Alessandro: Sì
Alessandro si china sullo schermo del computer e comincia a fissare il giudice.
Live Pablo: Cosa stai cercando?
Live Alessandro: Stoppalo! Gli manca la cravatta… Live Alessia: Magari è un altro, no?
Non riesce proprio a riconoscersi nel ragazzino che 20 anni fa raccontava quelle cose. E’ evidente che non possiamo più andare avanti.
Live Alessandro: No è quello! Gli manca la cravatta e quel video lì è stato rimontato. Lì gli manca la cravatta e non se l’è mai tolta durante il colloquio!
Però c’è un’ultima parte che ci teniamo a fargli ascoltare.
Live video
Live giudice: Però la domanda te la devo fare e tu mi devi dire la verità: ti hanno mai fatto del male i tuoi genitori?
Live Alessandro: No, tranne qualche ceffone dal mio babbo...
Live giudice: Questo è normale, anzi certe volte bisogna farlo. Tu attualmente vuoi bene ai tuoi genitori?
Live Alessandro: Sì, sono sempre i miei genitori anche se sono stato allontanato.
Live giudice: Hai voglia di vedere i tuoi genitori? Live Alessandro: Abbastanza...
Live giudice: Ti mancano?
Il ragazzino del video sospira e annuisce.
L’uomo davanti a noi invece ha lo sguardo fisso nel vuoto.
Live Alessandro: Si vede che sono condizionato da tutta la storia che c’è intorno… Si vede lontano un chilometro che sono suggestionato…
Tutto quello che gli resta sono delle fotografie di una famiglia che non ha più, il senso di colpa che lo tormenta e una domanda, che lo assilla dall’alba del 12 novembre del 1998...
Live Alessandro: Voglio capire chi mi ha rovinato la vita…