VELENO - Episodio Extra - Una notte lunga vent'anni
(Tempo di lettura: 20 - 40 minuti)
Vent'anni fa, il 12 novembre 1998, sei bambini di Massa Finalese vennero allontanati dalle loro famiglie. Sonia era una di loro. Oggi ci racconta la sua verità. E non è la sola. C'è anche Marta. Entrambe chiedono giustizia.
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Trascrizione
Live: Passi verso un portone. Citofono. Risponde una voce: “Primo piano”. Passi sulle scale.
Porta che si apre con rumore di radio proveniente dal salotto.
Live Pablo: Permesso… Ciao
Live Sonia: Ciao, piacere
Live Pablo: Posso entrare?
Live Sonia: Sì, certo, vieni.
Live Pablo: Il cane è aggressivo?
Live Sonia: No no, è buonissimo...
Davanti a me c’è una ragazza di 29 anni.
E’ alta, ha i capelli castano chiaro, lunghi e lisci.
Quello che più colpisce di lei sono i suoi occhi, di un verde intenso..
Non sorridono mai..
Ti attraversano..
E’ lo sguardo di chi ha passato una vita rinchiusa nel silenzio..
Sola, con la sua rabbia..
Live Sonia: Sono quella che tu hai chiamato Sonia, figlia di Daniela... L’unica dei sedici bambini che non ha mai parlato, nonostante tutte le pressioni di psicologhe e assistenti sociali..
Live Pablo: Ti posso chiedere… perché mi hai chiamato?.
Live Sonia: (pausa) Per dirti la mia verità….
Live Sonia: Mi sento e mi sono sentita sequestrata da assistenti sociali, psicologhe, giudici e tutto quello che c’era dietro..
A pochi chilometri da quella cucina, in un parcheggio isolato, c’è una ragazza seduta in macchina..
Di anni ne ha 28..
Ha i ricci castani e sorride spesso, gesticola, a volte scherza anche..
Ma dall’estate del 1997 si porta dentro un dolore e un segreto..
Live Marta: Sono la ragazza che voi avete chiamato Marta. Io vi ho contattati a seguito dell’ascolto di Veleno, perché diciamo che in tutti questi vent’anni io ho sempre avuto dei dubbi su quello che mi era successo. Questo perché io sono… ho la certezza al cento per cento di aver inventato tutto. Tutta la storia che io ho raccontato agli assistenti sociali, alle psicologhe, ai giudici, io sono sicura che quelle cose non mi sono mai successe..
Live Alessia: Quindi tu non l’hai mai detto a nessuno che hai inventato tutto?.
Live Marta: No, non l’ho detto a nessuno… no. No..
Sonia e Marta sono due dei sedici bambini allontanati dalle famiglie di Massa Finalese e Mirandola, su segnalazione dei Servizi Sociali, nella vicenda che abbiamo chiamato Veleno ..
All’epoca dei fatti avevano rispettivamente 10 e 8 anni..
Il trauma che hanno vissuto è molto simile, ma il modo in cui lo hanno affrontato da piccole le ha portate in direzioni opposte..
Una ha sempre negato tutto e non è mai stata creduta..
L’altra ha raccontato una storia inventata, che ha avuto profonde ripercussioni sulla vita di diverse persone..
Oggi però entrambe provano rabbia per chi non ha saputo o voluto ascoltarle..
Marta:.
Live Alessia: Tu oggi… che cosa vuoi?.
Live Marta: Intanto vorrei presentarmi davanti alle psicologhe, alle assistenti sociali, dirgli di guardarmi in faccia e dire che non hanno alcun dubbio rispetto a quello che hanno fatto. Però io so che da loro penso che sarà molto difficile avere delle risposte..
Sonia:.
Live Sonia: Io voglio vedere queste persone fuori da questo ambiente. Non devono più avere a che fare con dei bambini. Io chiedo questo. Non mi interessa di nient’altro… né di scuse, né di soldi… niente, non me ne frega un cazzo..
Lo faccio per i bambini di oggi, perché non devono più subire quello che ho subito io..
Il 4 dicembre 2017 abbiamo pubblicato l’ultima puntata di Veleno ..
La tappa finale di un’inchiesta alla quale Alessia Rafanelli ed io abbiamo lavorato per tre anni, e che ha riaperto il caso dei ‘Diavoli della Bassa Modenese’, il gruppo di pedofili che avrebbe compiuto rituali satanici in cui bambini e adolescenti venivano violentati e torturati nei cimiteri della zona..
La nostra inchiesta si era chiusa con l’incontro con Dario, il ‘bambino zero’ dai cui racconti era partito tutto, che - ormai adulto - sospettava di essere stato manipolato dalle psicologhe che lo avevano seguito..
Live Dario: Boh, io sinceramente non sono neanche più sicuro di quello che è successo o non è successo perché tanto… molti psicologi cercano anche di farti dire quello che voglion loro… cioè da un bambino alla fine tiri fuori quello che vuoi….
Quasi due mesi dopo l’uscita della settima puntata, a giornali e tv è arrivata una lettera anonima, scritta da quelle che dicevano di essere quattro vittime..
“Siamo alcuni dei bambini, oggi adulti, che, come si è affermato, furono “rapiti dallo Stato” a seguito dell’ormai ventennale vicenda riguardante i pedofili satanisti della Bassa Modenese. Rassicuriamo tutti… che non ci siamo mai sentiti “rapiti” dalle istituzioni, ma al contrario, da queste tutelati e protetti, né abbiamo mai avuto “padroni”..
Infatti non abbiamo pianto né protestato in alcun modo quando fummo allontanati dalle nostre famiglie d’origine, non abbiamo mai chiesto in questi anni di rivedere i nostri parenti naturali, non abbiamo pianto quando abbiamo saputo che qualcuno di loro non c’era più. Avevamo già detto quello che c’era da dire all’epoca dei fatti e non c’era nulla da aggiungere se non dare conferma, come intendiamo fare ora, di ogni nostra dichiarazione”..
La lettera, ripetiamo, non era firmata, e dopo queste dichiarazioni abbiamo atteso che qualcun altro di questi ex bambini si facesse avanti anche con noi, ma purtroppo non è successo..
E quindi ci eravamo ripromessi di realizzare una nuova puntata solo nel momento in cui fossero emersi altri elementi rilevanti..
Per settimane, non è successo nulla..
E quando credevamo che questa storia fosse ormai chiusa e che non avremmo più sentito altre voci dal passato, Veleno si è ripresentata alla nostra porta con due testimoni inaspettate: Sonia e Marta..
Di Sonia vi avevamo parlato nella settima puntata, quando sua madre Daniela ci ha raccontato di come le era stata portata via, all’alba del 12 novembre del 1998..
Live Daniela: Mi sono mancati i suoi anni migliori, una vita di merda, credetemi… di notte non si dorme, si prendono psicofarmaci, per poter dormire, perché il pensiero c’è sempre..
Daniela non era mai stata indagata, ma nonostante questo, il Tribunale dei Minori di Bologna aveva disposto l’allontanamento della piccola, che non era più tornata a casa..
Alcuni mesi fa, però, Sonia all’improvviso si è rifatta viva con la madre, dopo un silenzio durato oltre dieci anni..
Live Daniela: Una domenica mattina di un anno fa ricevo una chiamata sul numero fisso di casa, che è il numero che è 20 anni che ce l’ho, l’ho sempre mantenuto perché avevo la speranza che mia figlia mi richiamasse..
Io sentendo la voce non ho parole per descrivere l’emozione. Un pianto indescrivibile, un’emozione… ho cominciato a balbettare, non ci credevo….
Live Sonia: E quando abbiamo iniziato a parlare siamo andati dritti sul discorso cosa era e non era successo… e quando ho avuto conferme anche da lei, cioè, basta, era come se tutto fosse tornato come prima….
Va beh… vedere le sue lacrime…
Live Daniela: La parola mamma, che da mia figlia erano vent’anni che non la sentivo, faccio ancora fatica a crederci...
A volte la mattina mi do dei pizzicotti… è una cosa che non… sembra un sogno!
Live Pablo: La cosa che ti fa arrabbiare di più, di tutta questa storia, qual è?
Live Sonia: Non essere mai stata ascoltata. Che le mie parole non hanno mai avuto significato per loro, erano solo bugie. Questo mi fa rabbia.
Sonia non è stata l’unica bambina di allora a scegliere di uscire dall’ombra dopo vent’anni.
Qualche mese dopo averla conosciuta, un giorno all’improvviso, è arrivato un messaggio Whatsapp da un numero che avevamo contattato tre anni prima.
“Sono Marta, non so se avete ancora il mio numero, ma mi avevate contattato per quell’inchiesta sui casi di Mirandola e dintorni. Mi scuso per avervi mandato via, ma non sapevo chi foste. Ho ascoltato Veleno , il pensiero mi sta tartassando perché credo che abbiate ragione… il dubbio l’ho sempre avuto”
Il messaggio di Marta ci ha colpito, e anche un po’ emozionato, perché era quello che meno ci aspettavamo.
Abbiamo pensato spesso a lei in questi anni.
Ci siamo chiesti come stesse e cosa facesse nella vita, perché la sua storia, forse, è la più tragica di tutte.
Marta, infatti, è la figlia di Francesca, la donna che non aveva retto all’allontanamento della sua bambina e si era lanciata dal quinto piano del palazzo di via Pascoli, a Mirandola, il 28 settembre del 1997.
Live Marta: Io… so che ero una bambina molto molto attaccata a mia madre, perché alla fine diciamo che c’era solo lei. E la mamma è la mamma… quindi sì, sicuramente le volevo molto molto bene...
Live Alessia: Tu te lo ricordi com’è fatta… com’era tua mamma, la faccia...
Live Marta: Mah, io mi ricordo che aveva gli occhiali, che aveva i capelli lunghi neri, abbastanza magra… però, anche lì, ricordi vaghi… cioè ho dei flash di lei che mi accompagna in bicicletta perché la scuola non era molto distante da casa e… avevamo un cagnolino, che adoravo…
In casa però c’erano dei problemi.
Sua mamma Francesca, una donna di 42 anni, usciva da una separazione burrascosa con il padre di Marta.
La bambina era rimasta a vivere con lei a Mirandola.
Ma le liti tra Francesca e l’ex compagno erano degenerate, al punto da richiedere l’intervento dei Servizi Sociali, che in quel caso avevano il ruolo di semplici mediatori. Nelle loro relazioni Francesca viene descritta come molto presente e attenta alla figlia, addirittura iperprotettiva.
Live Marta: Anche se… sicuramente non era una santa, nel senso che... magari a volte poteva diventare un po’ aggressiva, un po’ manesca...
Live Alessia: Raccontami tipo un’immagine che ti ricordi...
Live Marta: Tipo, non so, lei che mi picchia con una ciabatta, per dire, o che mi dà uno schiaffo.
Di queste cose sì, però di tutto il resto no.
I vicini di pianerottolo di Francesca e Marta erano Federico Scotta, sua moglie thailandese Kaempet, e i figli Elisa di 3 anni e Nick di pochi mesi.
Di loro vi abbiamo parlato nella terza puntata.
Federico e Francesca erano molto amici...
Live Scotta: Piuttosto non mangiava lei per cercare di dargli un gioco in più a sua figlia, per dargli una maglietta in più, per dargli qualcosa in più...
Lei per sua figlia avrebbe non solo dato la vita, avrebbe dato oltre.
Nella primavera del 1997, quando Marta aveva otto anni, un bambino di Massa Finalese stava cominciando a raccontare alla psicologa Valeria Donati di un’inquietante banda di pedofili che operava nella zona.
Era il piccolo Dario Galliera, che abbiamo soprannominato il ‘bambino zero’.
Dopo aver accusato i familiari, Dario aveva parlato di un gruppo di genitori che sfruttava sessualmente i propri bambini, e tra questi la Donati si era convinta che ci fossero anche Federico Scotta e la sua vicina Francesca.
Dario e Marta vivevano però in due paesi diversi, ed effettivamente il bambino, in un primo momento, non l’aveva riconosciuta in fotografia.
Ma poi, quando gli era stato chiesto una seconda volta, si era corretto e aveva detto di essere stato violentato insieme a lei in una casa.
Live Alessia: Tu conoscevi, all’epoca dell’allontanamento, Dario?
Live Marta: No io non l’ho mai conosciuto.
Live Alessia: Per capire se in qualche modo magari da piccoli c’erano stati dei legami fra le vostre famiglie, oppure se fosse…
Live Marta: No, assolutamente nessun legame.
Per i Servizi Sociali e il Tribunale dei Minori di Bologna, però, bastava la dichiarazione del bambino.
Alle prime luci dell’alba del 7 luglio 1997, una macchina della polizia di Mirandola si era fermata nello spiazzo antistante il palazzo di via Pascoli.
Gli agenti avevano poi bussato alle porte di Federico e Francesca.
Marta ha rimosso ogni ricordo di quel momento, che però siamo stati in grado di ricostruire attraverso le testimonianze e i verbali di chi era presente.
Francesca, appena si era ritrovata la polizia fuori dalla porta, era andata nel panico e aveva chiamato un’amica, che però non era riuscita a tranquillizzarla.
Una volta arrivate in commissariato, lei e la figlia si tenevano talmente strette, che i poliziotti e l’assistente sociale erano intervenuti con la forza, strappando Marta dalla braccia della madre.
Live Marta: Io ho solo un ricordo di qualcuno che mi voleva prendere e io gli ho dato un morso. Ho solo questo ricordo, però di tutto il resto, buio… buio…
Sonia aveva una vita molto simile a quella di Marta.
Anche lei infatti a 9 anni viveva sola con la madre Daniela, in una casa di Finale Emilia.
Si erano trasferite lì da poco, dopo la separazione dei genitori. Daniela aveva denunciato il marito Massimo perché la picchiava, e dopo la separazione Sonia era rimasta con lei.
Live Sonia: Ero una bambina serena, ero molto timida, chiusa, però ero tranquilla. Avevo le mie amicizie, ero brava a scuola… una bambina normale.
Live Pablo: E con la mamma che rapporto avevi?
Live Sonia: Io la adoravo e basta...
Un giorno, però, una cuginetta di Sonia era stata allontanata per sospetti abusi e coinvolta nelle indagini contro il misterioso gruppo di pedofili a cui la Procura stava dando la caccia.
La piccola era stata presa in carico dal servizio di neuropsichiatria, e dopo qualche mese, aveva raccontato che praticamente tutta la sua famiglia faceva parte della setta satanica, e che di notte lei e i suoi cuginetti venivano portati nei cimiteri.
Tra loro c’era anche Sonia.
Anche in questo caso i racconti della piccola erano stati creduti.
Parola per parola.
Live Daniela: Si son presentati alle sei del mattino, i carabinieri. “Signora dobbiamo portarle via sua figlia”. “Come portarla via?”.
Live Sonia: Ero a letto, niente, suona il citofono, io sento delle voci, mia madre che inizia a parlare, a piangere… niente… ho iniziato a piangere anche io...
Live Pablo: Perché hai iniziato a piangere?
Live Sonia: Perché avevo capito che c’era qualcosa che non andava, perché mia cugina era stata già allontanata da diversi mesi e… avevo paura già che mi portassero via… e infatti è successo...
Live Daniela: C’era anche una… una donna insieme a loro, mi ha detto “Signora la tranquillizzi perché è molto agitata...
Live Daniela: “Le prepari uno zainetto con dentro alcune cose”… “Come alcune cose? Dove dovete portarla?”
Live Sonia: Mia mamma mi ha fatto cambiare, con la poliziotta in camera che mi guardava… mi ha preparato un cambio, messo nello zaino di scuola…
Live Daniela: “Vestiti che vai con questi signori che hanno bisogno”...
Live Sonia: Mi sono sentita abbandonata per il modo in cui mi ha salutata, perché mi ha detto “Torno a prenderti stasera” e io la aspettavo...
Sonia era salita in macchina.
Accanto a lei c’era un’assistente sociale, Odette Magri. La donna le aveva spiegato che sarebbe stata portata in una casa-famiglia vicino a Forlì.
Live Sonia: … Perché “avevamo bisogno di essere protetti”. Io non ho detto niente. Io l’unica domanda che ho fatto è stata se in casa-famiglia c’erano le finestre, perché avevo paura di essere chiusa in una prigione al buio…
Sulla scrivania di Sonia era rimasto un diario con la copertina nera.
Il segnalibro è fermo sulla pagina di quel giorno, sulla quale la bambina aveva scritto per l’ultima volta i compiti da fare: “Studia la Grecia”.
Dopo l’allontanamento di Marta, la madre Francesca non aveva retto. Era dimagrita e sciupata. Aveva perso il lavoro. E di Marta non sapeva più nulla.
Poi, a settembre, quando il Tribunale dei Minori l’aveva convocata, sul suo fascicolo la donna aveva notato un post-it giallo che qualche addetto aveva distrattamente lasciato attaccato al faldone, con il nuovo indirizzo dove risiedeva la figlia: il Cenacolo Francescano.
La donna ci era andata subito.
Appena arrivata, aveva fatto il giro della struttura, e attraverso una cancellata coperta da una rete verde aveva intravisto sua figlia, che giocava da sola a pochi metri di distanza.
Live Marta: Ricordo di aver sentito una voce che mi chiamava, quindi io l’ho subito riconosciuta anche se in realtà non riuscivo proprio a vederla bene perché c’erano di mezzo non so se alberi, siepi... eh ... io non mi ricordo bene la mia reazione… cioè non so se ero felice, triste, probabilmente un pò di felicità, un po’ di agitazione… però penso di essere andata subito dalla suora a dire “Guarda che lì c’è la mia mamma!”
La responsabile del Cenacolo, Suor Annarita Ferrari, si era infuriata per quella visita inaspettata di Francesca e l’aveva mandata via in malo modo, denunciandola alla Polizia, che il giorno dopo l’aveva arrestata per inquinamento di prove.
Dopo alcuni giorni di carcere, Francesca si era ritrovata sola in casa, ai domiciliari.
Live Marta: Mi ricordo che lei aveva lasciato alla suora una bambolina con uno zainetto e… c’era dentro un bigliettino che, non ricordo cosa c’era scritto, però tipo “Ti voglio bene, torno presto”, una cosa del genere. Però io lei non l’ho… non l’ho vista.
Dopo essere finita nella casa-famiglia di Forlì, anche Sonia era stata portata al Cenacolo Francescano.
Live Sonia: E lì ho conosciuto Valeria Donati, la mia psicologa.
Valeria Donati, vi ricorderete, era una giovane professionista a contratto presso i Servizi Sociali di Mirandola, ed era stata la prima a sospettare degli abusi subiti da Dario e poi dagli altri bambini.
Il suo ruolo, all’interno della ‘vicenda pedofili’, era stato determinante. Durante i processi gli avvocati della difesa l’avevano accusata di aver fortemente suggestionato i piccoli nel corso dei colloqui, inducendoli ad accusare i genitori.
Di quegli incontri con la psicologa, a quanto pare, non esiste nessuna registrazione. Sonia però ne ha un ricordo indelebile.
Live Sonia: Mi ha detto che mia madre non era brava perché non mi proteggeva, e praticamente era d’accordo con mio padre che mi faceva quelle cose, che abusava di me, che mi portava nei cimiteri, mia madre lo copriva.
Live Pablo: Tuo papà ha mai abusato di te?
Live Sonia: Mai, assolutamente.
Sonia aveva più volte chiesto alla Donati e alle sue colleghe di rivedere la mamma...
Live Sonia: Mi rispondevano che non potevo… anzi, io mi dovevo dimenticare di lei, perché finchè non… non raccontavo quello che raccontavano anche gli altri bambini, non l’avrei mai più rivista.
La stessa cosa che a quanto pare veniva ripetuta anche a Marta...
Live Marta: Io chiedevo anche di poterla rivedere e mi hanno sempre detto che non era possibile. Valeria Donati in primis mi ha sempre detto che non era possibile rivederla… Perché lei comunque mi diceva che comunque mi aveva fatto delle brutte cose e... che bisognava prima risolvere questa cosa poi, forse, dopo... Però questo dopo non è mai arrivato…
Entrambe le bimbe erano poi state convocate da Valeria Donati e dalla responsabile del servizio minori, Monica Benati...
Live Sonia: … e mi hanno spiegato nei dettagli che una dottoressa avrebbe dovuto guardare la mia patatina, il mio sedere, per vedere se c’erano dei segni di violenza.
La dottoressa è Cristina Maggioni della Mangiagalli di Milano.
Era la dottoressa che aveva sostenuto che l’imene di una bambina vittima di violenze potesse ricrescere con l’arrivo delle prime mestruazioni.
Live Pablo: Pensa di aver fatto bene il suo lavoro? Live Maggioni: Vuole radiarmi dall’ordine? Live Pablo: No, non mi interessa... Live Maggioni: Vuole impedirmi di fare il medico per il resto dei miei giorni?
Sonia racconta che la Donati e la Benati l’avevano messa in guardia prima di entrare nello studio della Maggioni.
Live Sonia: Mi hanno detto che se non tirava fuori la macchina fotografica non c’era problema, invece se avessero fatto delle fotografie, lì mi dovevo preoccupare. Perché voleva dire che i segni di violenza c’erano...
Mi ricordo che mentre mi visitava mi spiegava quello che stava per fare... e… poi hanno tirato fuori la macchina fotografica...
Live Pablo: E tu lì hai... che cosa hai provato?
Live Sonia: (pausa) Rabbia… perché non… non poteva essere vero.
La reazione di Sonia viene descritta anche nei verbali dell’assistente sociale che l’aveva accompagnata, Odette Magri:
“La bambina era molto tesa, visibilmente in difficoltà… l’unica cosa che ha detto alla fine è stata: “Io da quei dottori non ci voglio più andare”.
Marta, all’età di 8 anni, era stata nello stesso studio.
Ma alla visita aveva reagito diversamente.
Live Marta: Dunque... io mi ricordo che mi aveva… mi aveva accompagnato una delle suore. e… mi ricordo di una dottoressa, di una visita abbastanza veloce...
Veloce perché la bambina non aveva manifestato particolari resistenze a farsi visitare. Anzi, la sua disponibilità aveva subito colpito la dottoressa Maggioni, che nel verbale di una delle udienze aveva commentato:
Marta è stata visitata abbastanza bene, anzi talmente bene, che sul mio foglietto c’è scritto “bravissima”, le hanno fatto gli applausi… questa esagerazione di disponibilità non è normale, la trovo in qualcuna, ma solo quando sono state molto abusate.
Era come se la ginecologa avesse dedotto che la bambina era stata violentata semplicemente osservando il suo comportamento prima dell’esame.
Dopo la visita la Maggioni e il suo collega, il dr. Bruni, si erano avvicinati alla piccola Marta, e le avevano detto che c’erano dei segni che indicavano che le era stato fatto del male.
Live Alessia: E tu?
Live Marta: E io ci credevo, che potevo fare? L’ha visto la dottoressa, come fa a dire delle bugie una dottoressa?
Solo successivamente, a processo, alcuni medici legali si diranno in disaccordo con le conclusioni della Maggioni su Marta e Sonia.
Per loro gli abusi che la ginecologa aveva riscontrato non erano affatto evidenti. Ma in quel momento c’erano solo le valutazioni della Maggioni.
E l’esito della visita di Marta, noto solo a pochissime persone, era stato subito spifferato alla stampa.
Il giorno dopo, la mamma Francesca - sola in casa - aveva acceso Televideo per controllare le notizie, e si era ritrovata a leggere con il cuore in gola che sua figlia aveva subito violenze sessuali gravissime, che probabilmente ne avrebbero pregiudicato la possibilità di avere figli da adulta.
La donna a questo punto era impazzita. Non poteva uscire di casa, non poteva chiamare nessuno.
Qualche giorno dopo, domenica 28 settembre, aveva fatto una telefonata alle uniche persone che in quel momento potevano davvero capirla: i vicini di casa Federico Scotta e la moglie Kaempet.
Live Scotta: Suona il telefono di casa… e dall’altra parte la Francesca. Aveva una voce stranissima: “Vi ho voluto tanto bene, mi dispiace che le cose finiscano così. Addio”. E ha chiuso il telefono.
Allarmato, Scotta aveva chiamato subito la polizia.
Poco dopo, una volante si era fermata all’angolo fra la Statale 12 e via Pascoli. Un agente aveva alzato lo sguardo e aveva visto Francesca a cavalcioni sulla ringhiera del balcone al quinto piano.
Live poliziotto: Siamo arrivati là… c’era la porta che era… non era chiusa a chiave, e c’era la catenella attaccata, e dalla porta si vedeva che c’era lei a cavallo della balconata. Non abbiamo fatto in tempo neanche a entrare che lei si era già lanciata.
Un volo di quasi quindici metri.
Era morta ore dopo all’ospedale, da sola.
Nell’appartamento al quinto piano era stato trovato un bigliettino sul tavolo della cucina. Francesca aveva scritto: “Non ce la faccio più, sono innocente”.
Live Marta: Io mi ricordo solo che mi hanno detto “La tua mamma se n’è andata” e io ho detto “Eh, dove è andata?” “No, non è che è andata via, è che è morta”... e poi di altro, di altro non ricordo.
Però ricordo di aver pianto.
Nei verbali dell’assistente sociale Odette Magri, quel momento viene ricostruito secondo per secondo.
Le dipendenti dei Servizi non si erano limitate a dirle che sua mamma non c’era più. Avevano anche insinuato che si fosse suicidata perché era stata scoperta e non aveva più via di scampo.
Un dubbio che nessuno aveva diritto di metterle in testa, perché in quel momento contro sua madre non esisteva nessuna prova.
Live Marta: Questo è stato anche un mio dubbio che io mi sono portata dietro da sempre. Cioè: se mi madre sapeva di essere innocente, di non aver fatto nulla, perché si è buttata giù dal quinto piano?
Però, anche lì, vai a pensare cosa c’è nella testa di una persona, che magari aveva pure i suoi problemi, magari non era… non era completamente lucida.
I servizi sociali e la procura si erano ritrovati davanti a una situazione complicata.
C’era il cadavere di una madre. E una bambina orfana che non l’aveva mai accusata.
Live Marta: Sicuramente le psicologhe, anzi soprattutto una in particolare, ha fatto tanta pressione, perché...
Live Alessia: Chi?
Live Marta: Valeria Donati. Perché io mi ricordo questi colloqui infiniti, estenuanti… e… ho dei flash in cui appoggiavo la testa sul tavolo e avrei voluto non sentire più nessuno, perché comunque era tutto un dire “Racconta cosa ti è successo, se racconti vedrai che starai meglio…”. E io subito non sapevo cosa raccontare, perché sapevo che non mi era successo niente...
La stessa situazione in cui racconta di essersi trovata Sonia.
Live Sonia: A ogni incontro mi veniva ricordato che la visita parlava chiaro, quindi, cioè, era inutile che io continuassi a stare in silenzio. Tanto i segni ormai erano evidenti, quindi non c’era più il dubbio, era una certezza.
Io negavo assolutamente, dicevo che non era vero niente, niente... non mi interessava né di quello che diceva la Donati né di quello che aveva detto la Maggioni. Live Pablo: E a quel punto che cosa ti veniva risposto, quando tu negavi? Live Sonia: Che ero bugiarda, che non ero coraggiosa, che tanto lo sapevano già perché c’erano già gli altri bambini che parlavano, quindi...
Live Marta: Io son certa che erano le psicologhe che mi dicevano il loro nome e che mi dicevano “ Guarda che lui ha fatto anche il tuo nome… quindi tu eri lì… eri in quella situazione lì” Mi ricordo… un tavolo, io seduta da una parte, lei seduta dall’altra, modalità interrogatorio...
Live Sonia: Violenze psicologiche e basta, queste erano. Cioè lei parlava un’ora, per quattro anni e mezzo, tutte le settimane, davanti a una bambina che piangeva. Impassibile lei continuava con la sua storia, cioè qualsiasi cosa io dicessi non aveva importanza.
Sonia e Marta erano bambine piuttosto timide.
Dopo essere state portate via da casa, si erano chiuse nel silenzio, continuando a ripetere che i genitori non avevano mai fatto loro del male.
Lo stesso era accaduto per gli altri bambini, che all’inizio non avevano parlato, ma che dopo parecchio tempo - durante il quale non avevano più avuto contatti con nessuno dei propri familiari - erano diventati testimoni instancabili, arrivando a delineare i contorni della setta satanica di cui abbiamo parlato nel corso delle sette puntate di Veleno .
Nelle testimonianze gli inquirenti avevano notato una serie di dettagli ricorrenti, che avevano convinto il Tribunale di Modena della solidità della loro storia. Stupri, animali squartati, omicidi.
Sonia ricorda un episodio in particolare, quando aveva raccontato alla Donati che le piaceva giocare con dei gattini randagi.
Live Sonia: Ha iniziato a dirmi che “Certo, tanto noi lo sappiamo già che i gatti venivano torturati davanti a voi, la notte nei cimiteri, venivano uccisi, vi veniva fatto bere il sangue”
Live Pablo: Scusami, e quando lei ti diceva queste cose tu che cosa rispondevi?
Live Sonia: Che non era vero… che non mi era mai successo niente.
Live Marta: Valeria mi diceva “Guarda che c’eri anche tu lì”, e quindi io penso che sia stata lei a parlare per prima di cimiteri, e io probabilmente c’ho ricamato sopra una storia. Dato che mi dicevano “Parla che stai meglio” e... “Ti devi aprire che stai meglio”... e mi dicevano sempre che avevo sempre gli occhi lucidi…
Live psicologa: I tuoi occhi lucidi ogni tanto mi dicono che cerchi di buttare giù qualche boccone, vero?
In uno dei video che abbiamo trovato, Marta è seduta davanti alla psicologa Sabrina Farci, che la stava registrando nel corso di un’audizione protetta.
Live Marta: “Guarda che hai gli occhi lucidi, hai qualcosa dentro, buttalo fuori”… anche lì, dopo un po’, dopo diecimila volte che te lo dicono... alla fine ho ceduto.
Live psicologa: Quindi mi dicevi… la mamma?
Live Marta piccola: Mi portava in posti brutti, al cimitero e in casa di altre persone
Live psicologa: E quando ti portava al cimitero?
Live Marta piccola: Mhmm… verso sera…
Live psicologa: Verso sera...
Live Marta piccola: Alcune volte anche di pomeriggio
Live psicologa: Mhmm... Che cosa avveniva in questi posti?
Live Marta piccola: Mi facevano del male
Live psicologa: Lo facevano tutti o lo facevano solo a qualcuno?
Live Marta piccola: A tutti i bambini che venivano lì
Live psicologa: Ah, c’erano tanti bambini che venivano?
Live Marta piccola: Sì sì… E dopo alla fine davano i soldi alla mamma
Live psicologa: Davano dei soldi alla mamma…
Live Marta piccola: Mhmm…...
Live psicologa: Sai, è proprio triste questo. Ti capisco, sai, dev’essere proprio difficile per te…
Forse in certi periodi sei stata un po’ anche arrabbiata con la mamma allora...
Live Marta piccola: Sì sì...
Live psicologa: Quindi hai potuto esprimere la rabbia solo dopo che lei non c’era più...
Live Marta piccola: Mhmm…
Live Marta: In questo momento avrei voluto dire a quella Marta: “Non rispondere così!” Cioè non farti mettere in bocca delle parole che non sono tue.
Qualcuno ci ha fatto odiare le nostre famiglie naturali.
Marta aveva raccontato che anche Federico Scotta, il vicino di casa, la violentava e la vendeva ad altri maniaci sessuali.
A causa di queste accuse, che lei oggi dice di avere inventato, Scotta era finito in carcere con una condanna a 11 anni, senza rivedere mai più i suoi 3 figli.
E il senso di colpa ha sempre tormentato Marta mano a mano che cresceva.
Live Marta: Tante volte ho pensato: “Basta, adesso io voglio dire che ho inventato tutto”. Poi però dopo la mente va a quando sei piccola, ai giudici, ai tribunali… e in quel momento dicevo no, cioè, io non voglio ripercorrere tutta ‘sta storia.
Sonia invece, non aveva mai parlato, e nonostante le psicologhe avessero insistito molto con lei, era stata l’unica tra tutti i bambini allontanati a non dire mai una parola contro mamma Daniela e papà Massimo.
Del suo silenzio si parla anche in un decreto di 31 pagine del Tribunale dei Minori di Bologna, firmato dall’allora presidente Elisa Ceccarelli.
A pagina 23 vengono descritte le caratteristiche emotive di Sonia durante i colloqui con le psicologhe. Sentite cosa dicono di lei:
“La mimica di Sonia appariva piuttosto stereotipata, caratterizzata da un debole sorriso che sembrava assumere la funzione di maschera. I frequenti “non so, non ricordo” e simili sembravano rimandare ad un comportamento di una per così dire “piccola omertosa”.
Live Sonia: Loro mi dicevano che i miei genitori erano stati bravi a farmi il lavaggio del cervello… per farmi dimenticare...
Il 22 febbraio 2000, la bambina viene sentita da un giudice, la dottoressa Milelli. Ecco un estratto di quella conversazione:
Domanda: Ti chiedo questo. Se tu vorresti ritornare a casa dai tuoi genitori.
Risposta: Sì
Domanda: Con chi vorresti tornare tu?
Risposta: Con la mamma.
Domanda: Hai un ricordo buono della mamma?
Risposta: Sì. A me non mi hanno fatto niente i miei genitori
Domanda: Tu sei sicura di questo?
Risposta: Sì
Live Sonia: Sapessi la fatica che io ho fatto per entrare in quella stanza e dirgli la mia verità… pensavo che fosse lì la salvezza, invece… quando non mi ha creduto neanche il giudice… (pausa) Lì ho capito che non c’era più niente da fare.
Sonia, quando descrive la sua esperienza, utilizza un termine brutale: sequestro.
Effettivamente che altra definizione può avere entrare nella cameretta di una bambina nel cuore della notte, strapparla ai suoi affetti, alle sue bambole, alla sua scuola, a tutta la sua famiglia, e non ascoltarla quando ti giura che non le è successo nulla, e che vuole solo tornare a casa?
Parecchio tempo dopo il suo allontanamento, suo padre Massimo era stato assolto da tutte le accuse, e la mamma Daniela - che ripetiamo, in quel processo non era mai nemmeno stata coinvolta - era riuscita con grande fatica a ottenere il permesso di incontrarla di nuovo, anche se alla presenza delle psicologhe.
Live Daniela: L’ho rivista al Cenacolo Francescano a Reggio Emilia.
Live Sonia: Erano passati già... tre anni.
Live Daniela: Sono entrata, in questa stanza enorme, di fronte avevo la Donati, sento aprire una porta… vedo mia figlia… sarei scappata via… guardava tutti gli altri tranne che sua madre, quando parlava doveva parlare a comando...
Live Sonia: Ovviamente prima dell’incontro le psicologhe mi avevano detto che non… non avremmo potuto parlare liberamente, che certe cose non le potevo chiedere, tipo sul passato non si poteva andare.
Live Daniela: Su venti domande che le ho fatto me ne avrà risposte cinque. Live Sonia: Io avrei voluto entrare in quella stanza, andare da mia madre e dirgli “Ma che cazzo è successo?”, e io non potevo farlo...
Live Daniela: Non era più mia figlia, non era più quella bimba solare…
Live Sonia: Non dovevo far trasparire nessun sentimento, nessuna emozione, nessun pensiero… cioè io avevo paura di pensare perché credevo che mi leggessero nel pensiero... Cioè non riuscivamo a essere spontanee, a parlare, a… era una cosa tristissima.
Quando Sonia aveva compiuto 14 anni, Daniela aveva chiesto di poterla riavere a casa, almeno per qualche giorno alla settimana. Ma le era stato comunicato che non era possibile. Per sua figlia era stato deciso un altro futuro, fuori dalla comunità.
Sonia era stata affidata ad una famiglia. Non una qualunque, bensì a quella di un avvocato legato allo stesso Cenacolo Francescano.
Live Sonia: E… Lui aveva 67 anni e lei 64. Non mi hanno mai dimostrato affetto… Io sembravo un oggetto, presa da una parte e portata da loro… basta.
Anche Marta era stata data in affidamento a una nuova famiglia, e negli anni ha dovuto imparare a convivere con gli spaventosi traumi che l’hanno condizionata da quando ne aveva solo otto.
E così ha tirato su barriere su barriere per proteggersi da tutto quel dolore.
Live Pablo: In questi anni tu hai mai pensato a tua mamma?
Live Marta: Sì ci ho pensato ma, cioè, in modo… come posso dire… eh ... un po’ da esterna… quasi non provando niente. Probabilmente mi hanno messo in dubbio… mi hanno messo il dubbio anche sui sentimenti da provare, perché dopo tutto questo…
Eppure l’impressione che Alessia ed io abbiamo avuto, parlandoci in quel parcheggio, è che in realtà Marta, mentre ricordava la madre, stesse soffrendo molto.
Una delle prime cose ci ha chiesto dopo averci contattato sono state proprio le sue foto, perché dalla notte dell’allontanamento, 21 anni fa, non l’ha mai più vista.
Per mesi ha chiesto quegli scatti, ma le psicologhe non glieli hanno mai dati.
Noi, però, a casa di un parente abbiamo trovato un album pieno di fotografie.
Le prime poppate, i primi passi di Marta, le vacanze, i carnevali.
Francesca è sempre attaccata alla figlia, la guarda sorridendo, la abbraccia.
La bambina è ben vestita, curata e soprattutto sembra molto felice.
Ma crescendo sia Marta che Sonia si erano allontanate da quei ricordi d’infanzia. Per loro le madri erano diventate delle estranee.
Nel 2006, appena prima che la figlia compisse 18 anni, Daniela aveva chiesto a Sonia se una volta diventata maggiorenne avrebbero potuto rivedersi.
Live Sonia: Quando lei mi ha detto, “Se vuoi chiamarmi, venirmi a trovare io ci sarò sempre, spero di rivederti presto” io le ho risposto “Non credo”.
Ci siamo lasciate così... a 18 anni...
Dopo la nostra inchiesta un consigliere di Forza Italia del comune di Mirandola, Antonio Platis, ha chiesto un accesso agli atti per conoscere esattamente quale sia stato il costo complessivo di questa vicenda.
Dalla documentazione che gli è stata recapitata risulta che l’Unione Comuni Area Nord di Modena si è fatta interamente carico delle spese per l’affido e per le terapie psicologiche di tutti i bambini.
Ora sappiamo che la somma totale di fondi pubblici spesi è di 3.520.900 euro, e se si aggiungono i 220mila euro per le spese legali dei minori, saliamo a circa 3 milioni e 800mila euro.
Dai numeri che abbiamo risulta che ogni famiglia affidataria riceveva in media un rimborso mensile di 550 euro a bambino.
Una cifra tutto sommato contenuta, considerato l’importante impegno richiesto.
Nell’elenco però c’è un importo che attira l’attenzione: quello per la ‘spesa per assistenza psicologica e cura’.
Dopo che era scoppiato il caso, Valeria Donati, che inizialmente seguiva la maggior parte dei bambini per conto dell’Asl, era diventata responsabile di una struttura privata creata a Reggio Emilia: il CAB, Centro Aiuto al Bambino, dove erano andate a lavorare anche altre sue colleghe.
Nel 2002 l’Asl, non ritenendosi abbastanza competente per curare i traumi dei bambini coinvolti, aveva deciso di appaltare la loro terapia ad una struttura più qualificata. E a chi li aveva affidati?
Proprio al CAB, considerato - leggiamo testualmente - più attrezzato e specializzato sui temi dell’abuso.
E’ proprio questo uno dei motivi per cui la Donati e le sue colleghe sono state attaccate così duramente: per un forte conflitto di interessi.
Erano state loro ad individuare i bambini coinvolti, sempre loro li avevano ascoltati presso l’Asl e segnalati al Tribunale dei Minori, e ora la loro struttura privata veniva pagata con soldi pubblici per curarli dai traumi che loro stesse avevano diagnosticato.
Tra il 2002 e il 2013, i comuni della zona per questo servizio hanno versato al CAB una somma impressionante: circa 2.200.000 euro.
Live Valgimigli: Non solo era una questione di carriera, ma anche una questione di mercato. Tenere i ragazzini portava soldi, espellere i ragazzini dalle famiglie ed introdurli in determinati altri ambienti, e seguirli, e portarli avanti, porta vantaggi di carriera e di denaro.
Il dottor Camillo Valgimigli all’epoca dei fatti era un dirigente del centro di salute mentale dell’Asl di Modena, dalla quale dipendevano anche i Servizi Sociali di Mirandola.
Secondo lui dietro agli allontanamenti del caso Veleno si nascondeva un progetto molto più ampio, che coinvolgeva tutta l’azienda pubblica.
Live Valgimigli: Loro volevano condurre un’esperienza pilota, sulla quale anche il direttore generale si sentiva di investire del denaro. Perché siamo i primi in Italia nella tutela dei minori, che abbiamo i ragazzi da poterli sentire in tutti i momenti, in qualsiasi momento, sotto la nostra scienza.
Quel progetto, alla fine, non è mai partito.
A 19 anni sia Marta che Sonia - che, lo specifichiamo, non si sono mai conosciute - hanno smesso di frequentare il CAB.
Marta si è dedicata all’insegnamento.
Sonia ha trovato lavoro come infermiera, è andata a convivere col suo compagno e ha avuto due bambine.
Da quel momento le è cambiata la prospettiva, da figlia è diventata madre, e così ha iniziato a sentire il bisogno di ritrovare la sua, di mamma.
Live Sonia: Io ho sentito la sua mancanza dal giorno in cui ho partorito la mia prima figlia. Io mi sono ritrovata da sola, in sala parto, senza nessuno, con una figlia di 3 kg in braccio, non sapevo neanche come cambiarle un pannolino, a 23 anni. Io da lì ho capito... quanto mi mancava…
Nelle piccole cose mi mancava, nel consiglio quotidiano, come la devo vestire… come mi devo comportare se succede una cosa piuttosto che un’altra, cioè… sembrano stupidate però… E’ un vuoto...
E così Sonia, con la bimba più piccola in braccio e la più grande per mano, ha bussato alla porta della casa che non vedeva da quando Daniela le aveva messo sulle spalle quello zainetto con un cambio per la notte.
Una notte durata vent’anni.
Live Daniela: Sono tornata la sua ‘mamma’, sono tornata a riaverla vicina, a dargli l’amore che in questi vent’anni non sono riuscita a dargli. Poi… ci siamo messe in un tavolo a parlare, da un portafoglio ha tirato fuori una foto, un ritaglio di una foto, che c’eravamo io e lei da piccola, aveva due-tre mesi, in braccio… io, il mio cuore mi ha detto “Questa non ti ha mai dimenticata mai, mai, mai…”
Poi ho due nipotine, cioè sentirmi nonna, è una cosa indescrivibile, cioè, è come se avessi… se fossi rinata.
Marta invece ha sempre cercato di non pensare al suo passato, e a sua madre...
Live Pablo: Se non fosse andata com’è andata, se tua mamma fosse viva, tu oggi torneresti da lei?
Live Marta: Speravo non mi facessi questa domanda perché non lo so… non lo so… forse sì… forse sì… forse sì… forse se fosse viva la voglia di vederla, magari anche da lontano ci sarebbe, anche senza chiederle e dirle nulla.
Le testimonianze di Marta e Sonia ci sono sembrate credibili per più di una ragione. Intanto perché non è stata la nostra serie a far venir loro il dubbio. Marta ha sempre saputo di aver raccontato delle storie non vere. Sonia invece non ha mai cambiato la propria versione dal giorno in cui è stata allontanata, continuando sempre a sostenere che non le fosse successo nulla.
Quello che le unisce è il desiderio di essere finalmente ascoltate e per una volta, credute.
Dario, Alessandro, Sonia, Marta.
Sono già 4 i bambini che oggi guardano questa storia con altri occhi.
Ma non è tanto una questione di numeri, bensì di logica.
Perché se gli altri ex bambini a distanza di vent’anni confermano, come hanno dichiarato,tutto quello che hanno raccontato, stanno anche confermando:
di aver bevuto sangue animale senza nessuna conseguenza. Di essere stati picchiati, infilzati con punteruoli, presi a bastonate, violentati con spranghe di ferro e rami di albero, senza che nessun medico, pediatra, o maestra abbia mai riscontrato i segni di queste sevizie.
Di aver partecipato al rapimento di altri bambini mai identificati nei parchi giochi, di averli portati nei cimiteri con la complicità degli adulti, di averli sgozzati, ghigliottinati, bruciati sui roghi, e di averne uccisi 15 alla settimana, senza che nessuno denunciasse la loro scomparsa e senza che nessun cadavere sia mai stato ritrovato.
Ora, a questa serie è sempre mancata una cosa: il punto di vista dell’accusa, cioè di chi all’epoca era fermamente convinto che quei bambini stessero raccontando la verità.
Non è stata una nostra scelta, ma praticamente nessuna fra le persone che abbiamo interpellato ha voluto farsi intervistare.
Ovviamente dopo queste nuove rivelazioni non potevamo non riprovarci.
Così abbiamo cercato Monica Benati, che negli anni ’90 era la responsabile del servizio minori a Mirandola.
Live Benati: Tutto quello che noi abbiamo fatto professionalmente è stato messo agli atti e non c’è stata alcuna magistratura che ci abbia indicato come… aver fatto atti o di incompetenza o addirittura di reati, quindi… casomai non è...
Live Pablo: Quindi va bene così?
Live Benati: Ma certo che va bene così…
Abbiamo cercato anche Daniela Cassanelli, la psicologa che aveva seguito Sonia assieme a Valeria Donati.
Sonia è voluta venire lì con noi.
Live Pablo: Buongiorno dottoressa Cassanelli, sono Pablo Trincia, sono un giornalista...
La Cassanelli non dice una parola né a noi, né a Sonia.
Live Pablo: Non ha niente da dire, Dottoressa?
Live Cassanelli: Io sono tenuta al segreto professionale, di sicuro non posso parlare con lei.
Live Pablo: Certo, però guardi è qua, è qua la ragazza, perché non le parla… vieni! Sonia si avvicina, ma la dottoressa entra in un palazzo, e si chiude il portone alle spalle. Infine non potevamo non provare a rintracciare di nuovo la Dottoressa Donati.
Live squillo del telefono
Live Donati: Pronto?
Live Pablo: Dottoressa Donati?
Live Donati: Chi parla?
Live Pablo: Salve sono Trincia. Signora io non la voglio cercare dappertutto, però ho bisogno che mi risponda ad una domanda...
Live Donati: Guardi io bisogna che se lei non mi lascia in pace io faccio una denuncia per molestie...
Live Pablo: Ma molestie di cosa signora, c’è una ex bambina che la accusa di cose gravissime, mi scusi...
Live Donati: Allora, o lei la smette o io faccio denuncia presso l’autorità giudiziaria, perché io non ne posso più. E con questo la saluto. Arrivederci.
Precisiamo che nessuno ha ‘molestato’ Valeria Donati. Prima di chiamarla l’avevamo solo cercata una volta a casa sua, senza trovarla.
Pensavamo fosse doveroso incontrarla di persona per darle la possibilità di replicare a tutto quello che è stato detto.
Sonia, Marta e tutti i genitori a cui sono stati tolti i figli nel cuore della notte meritano delle risposte.
Le meritano da tutti i professionisti che si sono occupati di questo caso e che ai tempi lavoravano:
ai Servizi Sociali e al Servizio di Neuropsichiatria di Mirandola,
al Commissariato,
alla Procura e al Tribunale di Modena,
al Tribunale dei Minori di Bologna,
al reparto di ginecologia della Mangiagalli di Milano,
al Cenacolo Francescano e al Centro Aiuto al Bambino di Reggio Emilia,
al CBM - Centro per il Bambino Maltrattato - di Milano, che in questo caso ha supervisionato il lavoro delle psicologhe di Mirandola,
e al Centro Studi Hansel e Gretel di Torino, dove lavoravano le consulenti tecniche del Tribunale.
A loro chiediamo:
Ci sono persone che vogliono capire perché la loro vita è stata irrimediabilmente stravolta.
Cosa vogliamo fare?
Girare loro le spalle e ignorarle?
Deve davvero rimanere tutto così? Nel silenzio?
Con ragazzi che vivono ancora con la testa pieni di mostri, e le famiglie aggrappate al filo di speranza che una domenica mattina il telefono squilli anche per loro?
Live rumori parco
Live Daniela: … Non scivolare, eh? Dai tocca la foglia dai, dai! Prossimo giro, bravissima...
Live bambina: Nonna… ho toccato l’albero! Ho toccato l’albero!
Live Daniela: La foglia…
Daniela è al parco, sta giocando con la sua nipotina più grande, la figlia di Sonia. Fino a un anno prima, non avrebbe mai nemmeno sognato una scena del genere. Oggi la spinge su un’altalena e la bambina comincia a cantare...
Live bambina: Dormo dalla nonna!
Live Pablo: Sei contenta che dormi dalla nonna?
Live bambina: Sì!
Live Pablo: Cosa ti fa da mangiare di buono la nonna?
Live bambina: Una volta mi ha fatto la pasta ai 4 formaggi
Live Pablo: E ti piace?
Live bambina: Sì! Col gorgonzola...
Live Pablo: E ti fa vedere la TV?
Live bambina: Sì!
E’ un sabato mattina. C’è il sole.
Anche Sonia è con loro. E’ appoggiata all’altalena, che si gode questo semplice momento di serenità familiare.
Ma quell’ombra di tristezza che ha nello sguardo non la abbandona nemmeno adesso.
Live Pablo: Alla fine sono queste le cose che ti sei persa, no? I sabati mattina al parco, giusto?
Live Sonia: La cosa in assoluto che mi è mancata di più è chiamare ‘mamma’, una stronzata sembra, ma è stata questa… Quando avevo bisogno e... ero da sola, e invece io avrei voluto chiamare solo ‘mamma’...