#NOTINMYNAME

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Una premessa è doverosa perché stiamo parlando di salute, la salute dei nostri figli e spesso ci lasciamo strumentalizzare da soggetti politicizzati o che hanno secondi fini, di certo non la salute dei nostri figli.

Tenteremo con questo breve testo, tratto da un documento più corposo redatto da una ragazza immunodepressa e dal team #NotInMyName, di accendere una lampadina. Non ci interessa quale sia la vostra posizione sull’utilità o meno della vaccinazione, ci interessa però mostravi come tutto non sia semplice e come gli immunodepressi e le vaccinazioni in generale siano strumentalizzati da una classe politica che vede sgretolarsi il terreno sotto ai piedi.


Chi è giorgia scataggia

Giorgia Scataggia è una ragazza di 29 anni immunodepressa. La sua condizione fisica è dunque strumentalizzata per giustificare un trattamento sanitario obbligatorio su altri corpi, indifesi, di bambini, sani. Una coercizione IN SUO NOME, un obbligo come arma di tutela verso chi non può vaccinarsi come lei. L'accettazione di una privazione in cambio di una protezione, violazione della privacy, sicurezza, terrorismo: ecco come “scusare” la limitazione della libertà dell'individuo. Per questo è importante non mollare questa battaglia, per la modalità con cui è stata imposta, non solo per ciò che impone.  
Giorgia mesi fa ha scritto una lettera ai politici che poi ha lasciato sottoscrivere ad altre persone immunodepresse come obiezione alla manipolazione mediatica e strumentale in atto. Le sue parole sono meglio di molte spiegazioni e pertanto e ve ne riportiamo un breve stralcio, tratto da un testo consegnato al Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità Sileri in riferimento alle audizioni del DDL 770 in materia di prevenzione vaccinale:

“…Non entro nel merito dell'efficacia e della sicurezza dei vaccini in quanto non ritengo di averne le competenze, ma per esperienza diretta vi dico che vita di un immunodepresso è difficile, non per le malattie esantematiche trasmissibili ma per gli infiniti microrganismi patogeni più preoccupanti per la quotidianità di un immunodepresso. Immaginiamo che fuori sparino con i mitra e immaginiamo di avere a disposizione un elmetto. I proiettili sono tutti i patogeni che è possibile contrarre, l'elmetto sono le vaccinazioni. Credere che un bimbo immunodepresso sia al sicuro in una classe di vaccinati è come esporsi a raffiche di mitra con un elmetto in testa: la testa potrebbe essere protetta, ma si può tranquillamente morire anche per un colpo allo stomaco, al cuore, al polmone e via dicendo. Vi chiedo pertanto di mettere un punto alla strumentalizzazione degli immunodepressi per un’utilità sociale fondata su ipotesi, che ha visto sacrificare il diritto all'inclusione dei bambini e il diritto allo studio. Ogni trattamento sanitario ha possibili effetti collaterali e io questo, nonostante auspichi che le cose migliorino, lo accetto. Il punto è la costrizione. Se non si è liberi di scegliere, tutti quelli che purtroppo subiranno un danno da quel trattamento sanitario obbligatorio saranno di fatto dei sacrifici umani, immolati per la tutela del bene comune. Se c'è un rischio anche piccolo, una persona deve poter scegliere. È inutile ed ipocrita preoccuparsi del singolo immunodepresso, per poi fregarsene del singolo danneggiato, come se fosse uno scarto inutile della società. Il possesso della mia patologia non mi da nessun diritto di decidere sui figli degli altri. Il possesso della mia patologia non mi da nessun diritto di decidere sui figli degli altri. L'esistenza di un gruppo di persone con una caratteristica non legittima nessuno alla mera strumentalizzazione. Confido nella Vostra riflessione e lettura di queste riflessioni, affinché la definizione del testo del DDL 770 nella parte della sospensione scolastica nella speranza che qualsiasi sia la decisione ma NON IN MIO NOME.”

Giorgia Scataggia


Luoghi e rischi reali per immunodepressi

Quali sono i primi pericoli?

Chi ha un figlio immunodepresso o chi soffre di una patologia immunosoppressiva sa bene che le prime raccomandazioni per sé stesso e per i soggetti che lo circondano sono il lavaggio delle mani, addirittura con l’accorgimento di far scorrere l'acqua a lungo prima dell'uso orale per ridurre il rischio da Legionella.

Chi ha una patologia immunodepressiva deve sapere che le infezioni batteriche, infezioni virali, infezioni fungine, infezioni protozoarie ed elmintiche sono le principali famiglie di infezioni che possono mettere a rischio la loro salute. Aspergillosi polmonare invasiva, Penumocystis Jirovecii, la Candida albicans, il CMV, il Toxoplasma gondii, il Crypococcus neoformans, l’Herpes simplex, Batteriemia da S. aureus e S. pneumoniae, infezioni da influenza A e B, virus parainfluenzali, cytomegalovirus, virus Epstein Barr, adenovirus e virus respiratorio sinciziale sono solo alcuni dei virus per cui non esiste vaccinazione e sono tutti potenzialmente pericolosi per un soggetto immunocompromesso.


Per ora abbiamo parlato dei patogeni potenzialmente pericolosi di cui non esiste vaccinazione, ma quelli assoggettati all’obbligo vaccinale?

Il precedente Governo ha adottato il Decreto Legge del 31 luglio 2017 n.73 in ragione di un calo delle vaccinazioni, ma ha applicato tale decreto, per cui l’obbligatorietà di 10 vaccini, ad una fetta ristretta della popolazione, la fascia 0-16 anni che compone meno del 16% del totale della popolazione.

Questo 16% deve essere valutato in base a tutte e 10 le malattie prevenibili con la vaccinazione e per 6 di queste non è assolutamente sconsigliata l’immunizzazione per un soggetto immunodepresso. Difatti chi soffre di immunosoppressione può (anzi gli viene raccomandato) ricevere vaccini. L’Associazione Immunodeficienze Primitive tramite l’Ospedale Pediatrico Universitario A. Meyer (https://goo.gl/G7kcgj pagg 4 e 5) possiamo leggere che:

“Le immunodeficienze primitive sono un gruppo eterogeneo di condizioni rare, congenite e geneticamente determinate, causate da uno o più difetti dell’immunità innata e/o specifica. I soggetti affetti mostrano una particolare suscettibilità alle infezioni e, poiché sono queste a determinare la prognosi, sono fondamentali le procedure di profilassi. Tra queste, i vaccini hanno un ruolo fondamentale. Tuttavia possono avere effetti diversi a seconda del tipo di deficit: in alcuni casi inducono la stessa protezione che nei soggetti sani; in altri, a causa del difetto immunitario, non evocano alcuna risposta. Inoltre in alcune condizioni, se vengono somministrati vaccini vivi, si possono verificare gravi effetti collaterali, tra cui la malattia da ceppo vaccinale. Talvolta, per la paura di eventi avversi, si corre il rischio che questi pazienti non vengano vaccinati. [...] D’altra parte, per la stessa ragione non è detto che siano in grado di rispondere all’agente immunizzante; addirittura alcuni vaccini - quelli costituiti dal batterio o virus vivo - possono rappresentare un rischio, in quanto in grado di indurre la malattia stessa. Troppo spesso bambini con immunodeficienze non vengono vaccinati affatto in virtù della loro condizione. Ciò è dovuto alla paura degli eventi avversi, dettata da una scarsa conoscenza.”

Solo in rari casi di immunodeficienza la vaccinazione mediante vaccini a virus vivi, come quello anti morbillo, parotite, rosolia e varicella, hanno delle controindicazioni ma in questo caso occorre ovviamente una valutazione specifica e personalizzata, e tuttavia l'idea 'tout court' di non vaccinare i pazienti con difetto immunitario perché si ritengono non in grado di rispondere allo stimolo vaccinale è un'idea ormai assolutamente superata. Ci sono chiare evidenze scientifiche che dimostrano come, in numerose condizioni di patologia immunologica, è possibile indurre tramite il vaccino una risposta immunitaria.

Dunque, per ricapitolare la questione vaccinazione agli immunodepressi, il problema non si pone assolutamente per i vaccini contro: difterite, tetano, pertosse, polio, epatite B ed haemophilus influenzae di tipo b, nonché per vaccini non obbligatori come antimeningococco, antipneumococco, antinfluenzale. Il rischio per gli immunodepressi gravi, relativamente alle malattie coperte da vaccino per cui la legge 119/2017 prevede obbligo vaccinale, si limita in rari casi solo a morbillo, parotite, rosolia e varicella (MPRV) ma questi soggetti sono comunque esposti ad un numero altissimo di altre infezioni.

Questo approccio vaccinocentrico pone seri pericoli per la collettività. Pensare che un soggetto con grave deficit immunologico sia tutelato solo con la vaccinazione, sua e/o di altri soggetti, “è come esporsi a raffiche di mitra con un elmetto in testa”, citando le efficaci parole di Giorgia.

La vaccinazione, in rari casi, è assolutamente sconsigliata ai soggetti immunocompromessi per quei vaccini a virus vivo, come MPR (o MPRV) ma questo apre un altro problema: se leggiamo le schede tecniche e le indicazioni ufficiali della vaccinazione contenente virus vivo attenuato, infatti, si legge che “una volta vaccinato, il suo bambino deve cercare di evitare per almeno 6 settimane dopo la vaccinazione, fin dove possibile, uno stretto contatto con:

  • individui con una ridotta resistenza alle malattie,
  • donne in gravidanza che non hanno avuto la varicella o che non sono state vaccinate contro la varicella.
  • neonati da madri che non hanno avuto la varicella o che non sono state vaccinate contro la varicella.”

La vaccinazione MPRV in rarissimi casi può portare a sviluppare l’infezione e pertanto trasformare il soggetto vaccinato in un potenziale vettore della malattia. È ovvio che questo non significa che il soggetto vaccinato diviene automaticamente incubatore del patogeno e pertanto da essere rinchiuso in isolamento, ma è altresì vero il problema immunosoppressione è estremamente più complesso di quanto si voglia far intendere.


Quale è il primo luogo di infezione?

Tutti questi virus e batteri hanno in Europa e in Italia un luogo prediletto dove proliferare. Il luogo dove è maggiormente possibile contrarre infezioni è proprio il luogo che dovrebbe tutelare maggiormente il soggetto con deficit immunitario e no, non è la scuola, ma sono le strutture ospedaliere. L’Istituto Superiore di Sanità ci ricorda che:

“Le infezioni ospedaliere sono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria”.

Negli ultimi anni l’assistenza sanitaria ha subito profondi cambiamenti. Mentre prima gli ospedali erano il luogo in cui si svolgevano la maggior parte degli interventi assistenziali, a partire dagli anni Novanta sono aumentati sia i pazienti ricoverati in ospedale in gravi condizioni (quindi a elevato rischio di infezioni ospedaliere), sia i luoghi di cura extra-ospedalieri (residenze sanitarie assistite per anziani, assistenza domiciliare, assistenza ambulatoriale). Da qui la necessità di ampliare il concetto di infezioni ospedaliere a quello di infezioni correlate all’assistenza sanitaria e sociosanitaria (ICA).

Ecco i principali meccanismi di trasmissione delle ICA:

  1. contatto diretto tra una persona sana e una infetta, soprattutto tramite le mani;
  2. le goccioline emesse nell’atto del tossire o starnutire da una persona infetta a una suscettibile che si trovi a meno di 50 cm di distanza;
  3. contatto indiretto attraverso un veicolo contaminato (per esempio endoscopi o strumenti chirurgici);
  4. trasmissione dell’infezione a più persone contemporaneamente, attraverso un veicolo comune contaminato (cibo, sangue, liquidi di infusione, disinfettanti, ecc...)
  5. via aerea, attraverso microrganismi che sopravvivono nell’aria e vengono trasmessi a distanza.

Questi sono tutti rischi di trasmissione che il soggetto immunodepresso non corre solo in ospedale, ma ovunque, in ogni luogo e con un numero di persone enorme perché dalla nonna, ai genitori, agli insegnanti, al suo medico, al vicino di casa, ecc, tutti sono potenziali vettori di patogeni, sia prevenibili con le vaccinazioni che non prevenibili con le vaccinazioni. Questi rischi infettivi non vaccinabili non appartengono alla cultura dell'“effetto gregge” ma appartengono ad una consapevolezza sanitaria che lo stesso paziente ha verso l'ambiente che lo circonda, consapevolezza senza raccomandazioni ufficiali. 10 o 20 vaccini non cambiano la loro tutela, anzi, come visto con il vaccino MPRV il rischio di contagio aumenta in confronto ad un contagio naturale della malattia stessa. 


Usate il cervello: gli alunni immunodepressi non sono messi a rischio significativo dallo stato di vaccinazione di altri scolari.

 

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