La Strage di Gruaro

La Strage di Gruaro

Questo articolo contiene anche la versione Podcast dell'intervista ad Angelina, una signora classe 1925, sopravvissuta alla Strage di Gruaro. Vi consigliamo di ascoltare la sua intervista dopo aver letto il redazionale.

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 corvelva papers la strage di gruaroLa tragica vicenda che raccontiamo è stata riesumata dall’oblio della Storia per merito di Adamo Gasparotto, nato a Pradipozzo di Portogruaro nel 1928 e cresciuto a Gruaro. Gasparotto è un sopravvissuto della “Strage di bambini di Gruaro” ed è riuscito a smuovere le coscienze attraverso articoli di giornale e in ultimo anche l’amministrazione comunale del paese per ricordare le vittime di una campagna vaccinale antidifterica effettuata nel 1933. Un libro commissionato dal Comune di Gruaro sulla vicenda, nonché le due targhe commemorative sulle cappelle cimiteriali dove riposano “i fioi de la pontura”, sono merito della sua determinazione e voglia di verità. A lui, come a tutti i bambini vittime di quella follia, è dedicato il nostro redazionale.

adamo gasparottoAdamo Gasparotto, 1928-2021

Siamo negli anni ‘30 e Gruaro è un piccolo centro della provincia veneziana dove opera il medico condotto Bettino Betti, originario di Occhiobello nel rovigotto. All’epoca dei fatti narrati il Dott. Betti è un classico medico di paese, lavora a Gruaro da 9 anni ed è stimato da tutto il paese. Nel dicembre del 1932, il Podestà fa recapitare sulla scrivania del Dott. Betti una circolare del Prefetto con un ordine preciso: eseguire la vaccinazione antidifterica dei bambini del paese. All’inizio il medico, forse sentitosi depauperato del suo ruolo, si è opposto anche in modo piuttosto deciso e risponde all’ordine del Podestà con una lettera per motivare la sua contrarietà a sottoporre i bambini, suoi assistiti, alla vaccinazione: “Mi pregio significarle che non ho creduto opportuno per il passato, né stimerei, se nient’altro accade, opportuno anche oggidì praticare la vaccinazione difterica ai bambini, per il fatto che nell’ultimo triennio sono stati denunciati alla Regia Prefettura di Venezia due soli casi di croup (tosse abbaiante sintomo della difterite, ndr) e che anche attualmente nei confronti di tale malattia le condizioni generali della popolazione sono più che soddisfacenti” (Gruaro 24-12-1932).

L’ultima vaccinazione di massa effettuata in paese risaliva al 1918 ed era l’antivaiolosa, resa obbligatoria dal 1888. Per la difterite la pratica vaccinale era ancora relativamente recente e da qualche anno si andava affermando il vaccino del biologo francese Leon Gaston Ramon, risalente al 1923/1925, che prevedeva un ciclo di 3 inoculi.

Gaston Leon RamonGaston Leon Ramon, biologo e veterinario dell’Istituto Pasteur,
padre dell’anatossina difterica

Ricordiamo che la difterite è una malattia contagiosa provocata dal batterio Cornybacterium diphteriae, colpiva in via principale la gola e le prime vie respiratorie ed era collegata a varie complicanze anche molto serie soprattutto in una società rurale con servizi sanitari veramente basilari. Pur conscio della pericolosità della malattia, il Dott. Betti resta comunque pragmatico: non ci sono praticamente casi di difterite nel veneziano e gli specialisti del tempo erano piuttosto divisi sull’opportunità o meno di estendere queste vaccinazioni al di fuori dei focolai epidemici.

Il medico che inietterà il veleno mortale della strage di Gruaro non rientra nella schiera dei primi fanatici seguaci dell’incipiente massificazione della pratica vaccinale. È un medico di campagna, pragmatico, e sulle prime abbozza anche una certa risolutezza contro gli ordini superiori che reputa poco sensati. Una risolutezza che, vedremo subito, durerà poco. A questo interludio, tra la risposta del dottore e la successiva vaccinazione, risalgono probabilmente le voci di paese sulla contrarietà del dottor Betti alla vaccinazione. Contrarietà svanita come d’incanto nel giro di poche settimane.

Il Prefetto Bianchetti (vero regista di questi fatti) ai primi di gennaio del 1933, incurante delle rimostranze del Betti, dà istruzioni al Podestà di ottemperare all’Ordinanza e, inoltre, impone che la vaccinazione venga eseguita con il vaccino fornito dall’Istituto Nazionale Sieroterapico di Napoli, diretto dal Prof. Terni.

Questo aspetto delle disposizioni prefettizie riveste un’importanza non secondaria per l’interpretazione degli eventi che si svolgeranno di lì a poco. Il vaccino “Terni” era ottenuto con un metodo di coltura differente dal “Ramon” per la produzione di tossine ad alto valore di antigene e prevedeva un’unica iniezione al posto delle 3 canoniche associate con 2 controlli Schick piuttosto dolorosi. La dose che l’Istituto Terni generalmente proponeva in quegli anni era tripla rispetto alle singole iniezioni del Ramon; in alcune sperimentazioni però, arrivava a fornire dosi decuplicate.
Il Prefetto indica per Gruaro il vaccino “sperimentale” del prof. Terni prodotto a Napoli, mentre gli altri comuni vicini, come Cordovado o lo stesso Portogruaro, continuavano a rifornirsi dall’Istituto di Milano o dall’Istituto Vacciterapico Toscano, che utilizzavano il vaccino Ramon.
Il giorno stabilito dal Prefetto per l’avvio della campagna vaccinale è il 20 Marzo 1933. Da quel momento tutti i bambini dai 13 mesi agli 8 anni del comune di Gruaro dovranno essere inoculati con l’antidifterica.
A questo punto il medico di condotta Betti deve scegliere: scontrarsi col sindaco e il prefetto per una vaccinazione peraltro non prevista per Legge, oppure conformarsi agli ordini dall’alto. Sceglie di conformarsi. Il Medico, contrario alla vaccinazione “usuale”, si deve adesso fare alfiere di questa “nuova” di cui non ha peraltro notizie attendibili dalla letteratura scientifica sull’argomento, come esporrà al Medico Provinciale. Inoltre deve soprattutto convincere i suoi assistiti a portare i figli “alla puntura.
Non deve essere semplice in paese fare pubblicamente l’Alfiere del Terni, quando in privato si dubita anche del Ramon. E così il nostro va per le spicce, come ricordano quegli ex bambini sopravvissuti delle sue inoculazioni.
“Il dottor Betti ha fatto pressioni molto forti sulle famiglie per convincere a punturare, qualche volta usando l’arma del ricatto: chi non porta i bambini alla vaccinazione potrebbe essere escluso dall’assistenza medica” (Testimonianza di Maria Danielon in Modenese, classe 1926). Come vedete vaccinazione e ricatto hanno una lunga storia in campo “medico”.
Cinque giorni prima del via alle operazioni, il 15 Marzo 1933, il Dott. Betti scrive una lettera al Medico Provinciale di Venezia in cui traspare, quasi in filigrana, la consapevolezza di partecipare attivamente ad un esperimento: “Mi pregio significarLe che sotto la data del 20 Marzo p.v. sarà iniziata la vaccinazione colla anatossina difterica del prof. Terni a dose unica per uso ipodermico. Ad operazione ultimata il sottoscritto si farà premura di fornire a codesto Superiore Ufficio tutte le notizie ad essa inerenti. Ossequi fascisti dr. Betti”.
Anche il parroco, Don Cuminotto, suggella l’alleanza fra trono e altare invitando le famiglie dal pulpito della messa alla vaccinazione antidifterica. Il prete, solerte, gira il paese recandosi nelle famiglie più recalcitranti per convincerle dell’assoluta necessità della puntura. Questo atto di collaborazione gli costerà il risentimento di molti concittadini (oltre che minacce neanche tanto velate a tragedia compiuta). Chissà se avrà descritto anche lui il vaccino Terni come “atto d’amore”, prima che causasse menomazioni e morte delle anime di cui era custode.
Il Dott. Betti aveva l’ambulatorio a Gruaro all’interno di un grande edificio che ospitava al suo interno anche il Municipio in un’ala e le aule scolastiche nell’altra. Per i bambini di Gruaro e di Bagnara (una frazione del paese) la vaccinazione si svolge passando dall’ambulatorio alla classe senza neppure dover uscire dallo stabile. Il programma di vaccinazione è fittissimo: Lunedì 20 Marzo vengono vaccinati 47 bambini, martedì 92, mercoledì 48, giovedì nessuno, pausa, venerdì 10, sabato 33, domenica tutti a messa e altra pausa, il lunedì seguente 28 e martedì 28 Marzo gli ultimi 3. 254 bambini vaccinati in 9 giorni (mancavano all’appello le tre figlie del segretario comunale che non si sono presentate a scuola).

Già dai primi giorni però qualcosa non va per il verso giusto. Tornati a casa dopo la puntura, o il giorno dopo, alcuni bambini non si reggono più in piedi e mangiando soffocano come emerge dalle testimonianze di Vittorina Colautti, classe 1928, e Adamo Gasparotto: “I genitori cominciano a chiedere spiegazioni al medico che però sostiene che quello che ci sta accadendo non è causato dal vaccino e continua anzi a farlo a tutti i bambini programmati”.
Giuseppe Colautti (Beppino) è tra i 47 bambini vaccinati il primo giorno, inizia a star male da subito, non cammina più bene (finirà col morire il 28 Aprile). Il Dott. Bettino Betti però tira dritto continuando a zittire tutti quei genitori venuti a chiedere spiegazioni: “nessuna correlazione”, era la risposta a tutti.

Col procedere del programma vaccinale qualcuno dei bambini più grandi scappa dalla finestra all’arrivo in classe del medico Betti, qualcun altro non si presenta proprio. Sempre più voci raccontano di famiglie i cui figli sono stati male dopo la puntura. La contromossa del Betti consiste nel chiudere a chiave porta e finestre delle aule appena entrato per vaccinare.
Dinanzi a questi fatti qualcosa inizia a cambiare nell’atteggiamento del dottore. Non ci sono più solo i dubbi sull’utilità della vaccinazione, egli ha sotto gli occhi le prime prove sull’assoluta mancanza di sicurezza delle dosi iniettate, ma procede ugualmente e la sua adesione ai desiderata del Prefetto di Regime è ormai totale.

La sera stessa del 28 marzo, finito coi bambini di Gruaro e Bagnara, manda come promesso la sua relazione al medico provinciale e lo fa ancor prima di procedere con la frazione di Giai, una frazione più lontana di Bagnara e per la quale era necessario organizzare lo spostamento dell’ambulatorio in loco. Mentre di fronte ai suoi pazienti mostra assoluta risolutezza, negando le correlazioni con i numerosi malori nei bambini, coi superiori si fa più dubbioso, preoccupato e incerto. Nel resoconto del medico Betti, oltre alla felicitazione per il successo dell’operazione perché “Il Provvedimento, dapprima illustrato in chiesa dai singoli parroci del Comune, ha incontrato moltissimo il favore del pubblico”, riporta di aver riscontrato danni da vaccino quali: “eritemi, esantemi, urticaria, edemi, febbre, disturbi digestivi tenaci assai molesti e talora francamente preoccupanti”. Il medico era preoccupato ma non abbastanza da esporre chiaramente tutti i problemi riscontrati. I “disturbi digestivi tenaci assai” erano in realtà le difficoltà a deglutire raccontate in quasi tutte le testimonianze dei sopravvissuti e il vomito dal naso. Inoltre non fa cenno al sintomo più preoccupante di cui era stato posto a conoscenza fin da subito: la difficoltà a camminare o l’incapacità di reggersi in piedi. Espunge dal resoconto, insomma, tutti gli eventi avversi di tipo neurologico.

Prescrive a tutti i colpiti cloruro di calcio, ritenuto antianafilattico per eccellenza, e impacchi di ittiolo, ma non fa nessun cenno al fatto che verso la fine inizia a iniettare mezza dose. Racconta infatti Pietro Bigattin, classe 1930, che il venerdì 25 “Siccome i bambini vaccinati precedentemente stanno male, quando è il mio turno, il dottor Betti mi inietta solo mezza dose di vaccino. La conseguenza è comunque la febbre altissima, che mi fa saltare sul letto come una molla”.
Un paio di settimane dopo il Prefetto sospende la vaccinazione e il 9 aprile arriva persino un’ispezione del medico provinciale volta a sincerarsi personalmente delle condizioni dei bambini malati dopo l’iniezione. Non sappiamo cosa avesse riscontrato in questa visita poiché il Regime ha fatto sparire gran parte della documentazione su questo episodio sia dall’Archivio comunale che da quello Ministeriale, tranne due telegrammi del Betti inviati al Medico Provinciale che tendevano a rassicurare, ancora, sulla “buona salute” dei 253 bambini vaccinati e che “i fenomeni reattivi, sebbene talora imponenti, si sono risolti in forma felice”.

Da qui in avanti è un bollettino di guerra: i bambini iniziano ad aggravarsi in contemporanea palesando l’arcobaleno del malessere in tutte le declinazioni più gravi: cecità, febbre alta, incapacità a deglutire, dolore alle gambe, paralisi a vari livelli, bolle su tutto il corpo. Solo a questo punto il Dott. Betti si mette a lanciare telegrammi a raffica chiedendo le “contropunture” (anticorpi in grado di bloccare il virus vivo della vaccinazione), che non arrivano in quantità sufficiente e comunque non riescono a fermare i processi degenerativi in corso. Tutti i 254 bambini vaccinati vengono ricoverati: i più gravi in ospedale a Padova e in quello di Portogruaro e nel dispensario comunale gli altri. A partire dal 24 Aprile e fino al 16 Maggio si contano 28 morti, 13 maschi e 15 femmine. Sembra che in molti casi siano morti i più piccoli. Ben tre famiglie che perderanno purtroppo entrambi i figli. Alcuni resteranno segnati a vita, altri sopravvissuti ricordano il riacutizzarsi di problemi anche a molti anni di distanza.

credito venetoDi fronte all’albergo Spessotto di Portogruaro si allestisce un altro reparto di emergenza (ex sede del Credito Veneto)

Una buona parte dei testimoni è stata concorde nel ricordare l’astio in paese verso il medico Bettino Betti. Alcune famiglie lo minacciano di morte e si ricorda una processione di donne verso il comune/scuola/ambulatorio coi bastoni nelle sporte. Il Prefetto è arrivato ad affidargli persino una scorta di Carabinieri per salvarlo dai compaesani.
Il dottor Betti sarà costretto a cambiare casa, spostarsi a Portogruaro e lasciare la condotta di Gruaro definitivamente nel 1937. La sua contrarietà iniziale alla vaccinazione - che invocherà sempre a scusante della sua “buona fede” - non lo salverà dal biasimo eterno dei suoi compaesani. Una di questi sintetizzerà così questa figura: “Del medico Betti molte persone dicono che è un lazzarone, ma lui si difende affermando che è stato costretto e ripete continuamente non volevo farla... non volevo farla! La voce popolare prevalente sostiene che le autorità volevano fare un esperimento e lui non è stato abbastanza determinato nel resistere” (Gina Zanon, classe 1919).

Il vero regista di questa strage e responsabile politico della tragedia, il prefetto Giovan Battista Bianchetti, nel settembre del 1933 lascia la laguna in quanto promosso come capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Regime addossa la colpa dell’accaduto ad una partita di vaccino preparata male, chiude l’Istituto Sierologico di Napoli, arresta il prof. Terni e il suo aiutante Testa. Il professore non subirà nessun processo e morirà per una banale caduta dalle scale da lì a pochi mesi, presumibilmente libero.

L’Agenzia Stefani, l’agenzia stampa del regime, parlò di soli 10 morti per poi tappare la bocca a tutti i giornali che provarono a dare notizia sull’episodio di Gruaro, seguita e superata in quest’opera di insabbiamento dalla stampa cattolica, che lascia filtrare solo poche righe senza mai nominare alcun morto.

Il memoriale ai bambini vittime della vaccinazione sperimentale del 1933, cimitero di Bagnara.

targa ai bambini di bagnaraTarga in memoria dei bambini di Bragnara, presso il cimitero comunale.

Don Cuminotto e il dottor Betti furono addirittura insigniti da Vittorio Emanuele III del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona.
Il dibattito storiografico sulla Strage di Gruaro è stato incentrato principalmente sul quesito se il vaccino del Prof. Terni, spedito dall'Istituto Sieroterapico Nazionale di Napoli, fosse stato mal preparato per un tragico errore (versione accreditata dal Regime Fascista all’epoca) oppure frutto di una consapevole sperimentazione da parte delle autorità. In seguito si notò dai registri del dottor Betti che i vaccini di Gruaro furono letali con una percentuale che oscillava fra il 12,7 e il 20% (a seconda del giorno).

Scansando le ipotesi di lotti diversi arrivati a Gruaro, l’ipotesi che possiamo fare noi è che la mortalità sia dipesa dalla quantità di dose iniettata dal dottore. Arrivati al quinto giorno di vaccinazione, di fronte alla miriade di segnalazioni giunte al dottore di eventi avversi nei giorni prima, un bambino ricevette solo mezza dose di vaccino che lo portò in ogni caso a star male, ma non fino a morire. Risulta piuttosto probabile che la consapevolezza della quantità di danni che stava provocando ai bambini abbiano indotto il dottor Betti a calare la dose non solo a Pietro, quel bambino che ha mantenuto memoria e ha raccontato l’accaduto, ma anche a tutti gli altri. Questo spiegherebbe l’azzeramento di mortalità successivo al venerdì 24.

Il Regime voleva un vaccino “italiano” a iniezione unica e lo ha testato su ignari bambini della provincia veneta come Gruaro, ma probabilmente anche di altre località: all’ospedale di Padova sono finiti anche fanciulli di Cavarzere per gli effetti dell’antidifterico. Nell’edizione del 3 Maggio 1933 il quotidiano “Roma”, che si stampa a Napoli, dà la notizia della chiusura dell’Istituto Sieroterapico Nazionale del Terni e della tragedia di Gruaro, assieme ad altri “disturbi” dello stesso genere ma più lievi occorsi in bambini vaccinati in alcuni comuni del milanese, del varesotto, del genovese e del trevigiano.

Piegarsi alle nefandezze del potere, generalmente è comodo. A volte porta a compiere delle stragi. Resistere è complicato e comporta sempre un prezzo da pagare come ci insegna il caso del Dott. Sergio Borellini che nel 1933, da medico condotto di Portogruaro, è accorso ad aiutare i colleghi di Gruaro e poi in Ospedale per curare i bambini colpiti.
Sarà voce dissonante in quella ecatombe, il che gli costò parecchio poiché fu accusato di aver espresso in pubblico la sua contrarietà alla vaccinazione, generando così discredito sul medico Betti e sulle autorità. Alcuni mesi dopo questi fatti subì un procedimento disciplinare su istigazione del Podestà e del Prefetto, la cosiddetta Censura.

Molti ricordano che il dottor Borellini aveva motivato la sua opposizione a questa vaccinazione sperimentando il siero su un coniglio, morto subito dopo la puntura. La sua opposizione a questa e altre vaccinazioni gli ha garantito la gratitudine dei concittadini, è stato un esempio di amore per la propria professione. Il contrasto, nel ricordo del paese, fra i due dottori, era ancora vivissimo dopo molti anni. Borellini concluderà la sua vita professionale con la medaglia d’oro per onorato servizio assegnata dal Comune nel 1975 nella sua condotta di Portogruaro. La figlia Mirella ricorda che il papà raccontava spesso del suo atteggiamento critico verso le vaccinazioni imposte dall’autorità: “Quando non era convinto faceva finta di inoculare il vaccino perché nella siringa metteva solo acqua”.

A Gruaro la popolazione non si sottoporrà più ad alcuna vaccinazione per molto molto tempo, neanche dopo il 1939, quando divenne obbligatoria per legge l’antidifterica, ma i fatti accaduti in quell’anno, come ci hanno raccontato alcuni sopravvissuti, sono stati una sorta di damnatio memoriae. In famiglia non se ne doveva parlare, nei Paesi era un tabù ricordare e in breve tempo i veri e unici detentori di quella memoria, i bambini, seppellirono nei ricordi quella tragedia facendola riemergere come un tuono a distanza di 70 anni.

Questo atteggiamento, raccontato anche da Angelina, una signora classe 1925 di cui troverete sul nostro sito web l’intervista, ci riporta all’oggi e a ciò che vivono i genitori di bambini danneggiati da vaccino: affrontare e convivere con una sorta di senso di colpa. È cosa conosciuta in psicologia, il senso di colpa delle vittime di ingiustizie o atrocità di vario tipo. Sia chiaro a tutti, non è colpa dei genitori, ma dirlo non basta. Questo meccanismo è un grande ostacolo che fa da deterrente anche oggi nell’affrontare il danno da vaccino o indagarlo come possibile causa di disabilità di vario genere o problemi di salute del proprio figlio. Ora, per tornare al 1933, dovete immaginarvi la società rurale dell’epoca, fatta di quella semplicità contadina che caratterizzava la provincia veneta. Molti bambini iniziarono a sentire quelle terribili storie e cominciarono a scappare da scuola. Bambini di 6-8 anni, che fuggivano insieme nei campi, nascondendosi nelle porcilaie per evitare la puntura. Tutti prontamente recuperati dai genitori che non avevano ancora compreso a pieno l’entità del problema. Questo potrebbe essere il vero motivo per cui oltre alla censura di regime, la strage di Gruaro è rimasta sepolta per decenni. La tremenda verità è che molti dei bambini morti erano stati “ripescati” dai campi dai genitori e portati dal Dott. Betti. Questa scomoda verità va presa come elemento per spiegare il lungo silenzio su questo evento e non certo per scaricare colpe sui poveri genitori. È lapalissiano che i familiari delle vittime non abbiano avuto alcuna colpa nè, ovviamente, informazioni adeguate: sono stati circuiti e ingannati, usati per un esperimento, dimenticati e abbandonati dalle stesse istituzioni che pretesero la loro fiducia.

La storia purtroppo si ripete e l’importanza del ricordare e testimoniare questi fatti sta anche e soprattutto nel non permettere che cadano nel dimenticatoio: non è dunque una novità l’esperimento fatto sulla pelle di vittime innocenti, non è una novità l’imbonimento con menzogne delle masse popolari, né l’indifferenza delle istituzioni locali e statali alle conseguenze di tali misfatti. Non è una novità purtroppo, nemmeno il dolore arrecato con superficialità e indifferenza dal Potere arrogante che tratta la popolazione come gregge da gestire a proprio piacimento, usando il convincimento quanto la prepotenza, il ricatto, l’obbligo, la coercizione.


Alcune delle giovani vittime

Mario Zanin, nato il 24/5/1931, morto il 30/4/1933

Plinio Paschetto, nato l’11/8/1931, morto il 26/4/1933

Plinio Peresson, nato il 12/05/1931, morto il 24/4/1933

Bruno Paschetto, nato il 20/2/1928, morto il 6/5/1933

Battista Dreon, nato il 25/06/1930, morto l’8/5/1933

Sira Toneatti, nata il 14/2/1931, morta l’1/5/1933

Maria Orlando, nata il 10/5/1930, morta il 9/5/1933

Caterina Zambon, nata il 12/11/1930, morta il 15/5/1933

Florida Toneatti, nata l’11/7/1927, morta l’8/5/1933

Maria Marson, nata il 19/4/1931, morta il 1/5/1933

Luigi Bonan, nato il 26/6/1927, morto il 3/5/1933

Bruno PaschettoIole Toffoli, nata il 4/12/1930, morta il 09/5/1933

Sira ToneattiGiovanni Bovo, nato il 12/1/1932, morto l’28/4/1933

Sira ToneattiLuciano Stefanuto, nato l’8/1/1932, morto il 28/4/1933

 
 

Elenco completo dei bambini morti

  Cognome e nome Data di nascita Data di morte
1 Barbui Erminio 23/12/1929 13/05/1933
2 Basso Maria 22/02/1932 28/04/1933
3 Biason Placida 19/03/1931 04/05/1933
4 Bonan Luigi 26/06/1927 03/05/1933
5 Bortolussi Mirella 13/06/1926 16/05/1933
6 Bravo Giovanni 12/01/1932 28/04/1933
7 Colautti Giuseppe 28/12/1929 28/04/1933
8 Falcomer Evelina 23/08/1931 25/04/1933
9 Innocente Celso 21/10/1931 02/05/1933
10 Moro Antonietta 17/01/1929 06/05/1933
11 Nosella Iole 17/09/1931 04/05/1933
12 Peresson Plinio 12/05/1931 24/04/1933
13 Stefanuto Luciano 08/01/1932 28/04/1933
14 Stefanuto Imelde 19/05/1929 11/05/1933
15 Toffoli Iole 04/12/1930 09/05/1933
16 Toneatti Florida 11/07/1927 08/05/1933
17 Toneatti Sira 14/02/1931 01/05/1933
18 Zambon Caterina Anna 12/11/1930 15/05/1933
19 Zanon Celia 23/03/1927 16/05/1933
20 Biasio Renato 30/04/1931 26/04/1933
21 Dreon G .Battista 25/06/1930 08/05/1933
22  Marson Maria 19/04/1931 01/05/1933
23  Orlando Maria 10/03/1930 09/05/1933
24  Paschetto Bruno 20/02/1928 06/05/1933
25  Paschetto Plinio 11/08/1931 26/04/1933
26 Romanin Edda 27/06/1931 27/04/1933
27 Romanin Sante 31/05/1930 08/05/1933
28 Zanin Mario (Secondo) 24/03/1931 30/04/1933

 


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