Corte Costituzionale - Sentenza 132/1992
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 4 febbraio 1966, n. 51 (Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica), promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1991 dalla Corte d'appello di Trento - Sezione per i minorenni nei procedimenti civili riuniti, promossi con reclami del Procuratore della Repubblica per i minorenni di Trento nei confronti di Calore Gabriella ed altri, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto in fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Trento, avuta notizia dall'ufficiale sanitario che alcuni genitori avevano omesso di sottoporre i loro figli minori alle vaccinazioni obbligatorie, tra cui quella antipoliomielitica, e che l'ufficiale stesso non era riuscito a praticare dette vaccinazioni, chiese al Tribunale suddetto la dichiarazione di decadenza di tali genitori dalla patria potestà o, in subordine, l'affidamento provvisorio dei minori al servizio sociale per la loro sottoposizione alle prescritte vaccinazioni. Il Tribunale respinse le richieste ritenendo che le stesse erano funzionalmente dirette a realizzare un trattamento sanitario coattivo fuori dei casi previsti dalla legge e, quindi, contro il dettato dell'art. 13 della Costituzione. Il pubblico ministero propose ricorso contro i decreti con cui tale decisione era stata assunta, rappresentando che tale situazione arrecava pregiudizio alla salute dei minori e alla loro istruzione (poiché ad essi sarebbe stato inibito di frequentare la scuola dell'obbligo a causa della mancata vaccinazione) e chiedendo, in via subordinata, la nomina di un curatore speciale il quale, sostituendosi ai genitori, provvedesse a sottoporre i minori alla vaccinazione obbligatoria. Investita dell'impugnazione, la Sezione minorenni della Corte d'appello, con ordinanza del 18 aprile 1991 (r.o. n. 537/91) ha rilevato che la legge 4 febbraio 1966, n. 51, che prevede l'obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica per i bambini entro il primo anno di età, non stabilisce la coercibilità in forma specifica di tale obbligo, limitandosi a prevedere una sanzione amministrativa per il genitore che vi contravviene. Tale lacuna, secondo il giudice a quo, appare in contrasto con il diritto alla salute sia dei minori, sia della collettività, e quindi con l'art. 32 della Costituzione, nonché con il diritto dei minori stessi all'istruzione (art. 34), posto che la vaccinazione in questione rappresenta una condizione per l'ammissione alla scuola dell'obbligo. Di qui il dubbio sulla costituzionalità della legge 4 febbraio 1966, n. 51, nella parte in cui non dispone la coercibilità della vaccinazione obbligatoria a mezzo del servizio sanitario sui minori non sottoposti a tale trattamento da coloro che esercitano su di essi la potestà genitoriale.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, sostenendo, in primo luogo, l'inammissibilità della questione - perché formulata in modo generico e rivolta a provocare una pronunzia additiva della Corte - e, in secondo luogo, la sua infondatezza, posto che gli artt. 330 e 333 cod. civ. già forniscono, un adeguato strumento di coercizione nel caso in cui il minore non venga sottoposto al trattamento dall'esercente la potestà genitoriale. Né l'applicazione di tali norme può ritenersi preclusa dalla comminatoria di una sanzione amministrativa prevista per l'esercente la patria potestà che non adempia a tale obbligo. La vaccino-profilassi di massa trascende, osserva l'Avvocatura, la sfera della protezione individuale per acquistare un preciso significato di protezione sociale. A tutelare questo interesse collettivo è rivolta essenzialmente la sanzione amministrativa ex legge n. 51 del 1966. Gli artt. 330 e 333 cod. civ. tutelano, invece, gli interessi individuali del minore, che vanno perseguiti indipendentemente dalla tutela dell'interesse collettivo. Le due aree di tutela, quindi, non si sovrappongono.
Considerato in diritto
La Sezione minorenni della Corte d'appello di Trento solleva incidente di costituzionalità nei confronti della legge 4 febbraio 1966, n. 51, sulla obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica, per contrasto con gli artt. 32 e 34. Detta legge stabilisce che la vaccinazione contro la poliomielite è obbligatoria per i bambini entro il primo anno di età; attribuisce la responsabilità per l'osservanza di tale obbligo alla persona che esercita la potestà o la tutela sul bambino (oltreché al direttore dell'istituto in cui il bambino stesso è ricoverato o alla persona cui egli è stato affidato); prevede, per chi contravviene all'obbligo stesso, una sanzione pecuniaria amministrativa.
I giudici remittenti ritengono che la legge sia incostituzionale nelle parti in cui, prevedendo come unica sanzione la pena pecuniaria, non dispone, ai fini della tutela del diritto del minore alla salute e all'istruzione, e del diritto della collettività alla salute, la coercibilità della vaccinazione obbligatoria sui minori non sottoposti a tale trattamento dall'esercente la potestà genitoriale.
La questione non è fondata.
La legge impugnata, nel prevedere l'obbligo della vaccinazione - che costituisce uno dei trattamenti sanitari cui fa riferimento l'art. 32 della Costituzione - ha altresì previsto una sanzione, la determinazione della quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore e non è censurabile se non arbitraria.
Tale rimedio va peraltro considerato nel quadro delle altre misure previste dall'ordinamento per la tutela del diritto alla salute della collettività rispetto ai rischi connessi al mancato adempimento dell'obbligo alla vaccinazione, nonché delle misure che l'ordinamento prevede per la tutela degli interessi del bambino, anche nei confronti dei genitori che non adempiano i compiti inerenti alla cura del minore.
A questo riguardo, va ricordato che la stessa legge n. 51 del 1966 prevede - al fine di scongiurare il diffondersi di malattie infettive nell'ambito di comunità per effetto della mancata vaccinazione antipoliomielitica - che l'avvenuta effettuazione della vaccinazione costituisce condizione per l'accesso del bambino alla scuola dell'obbligo.
Quanto alla specifica tutela della salute del minore e del suo diritto all'istruzione - che debbono essere oggetto di primaria considerazione e che sono pregiudicate anch'esse dalla mancata osservanza dell'obbligo di vaccinazione - l'ordinamento prevede che il giudice minorile possa adottare - su ricorso dell'altro genitore, dei parenti e del pubblico ministero, ovvero anche d'ufficio - ai sensi degli artt. 333 e 336 cod. civ., i provvedimenti idonei per sottoporre il bambino alla vaccinazione. E l'operatore sanitario competente deve, per parte sua, segnalare o denunziare l'omissione o il rifiuto dei genitori ai soggetti ai quali è riconosciuto il diritto di azione di cui all'art. 336 (ed in particolare al pubblico ministero o, in caso di urgente necessità allo stesso Tribunale dei minori) onde sollecitare l'esercizio di tale potere (sentenza n. 26 del 1991).
L'applicazione degli artt. 333 e 336 cod. civ. non può ritenersi preclusa in ragione dell'espressa previsione di una sanzione amministrativa per il caso di violazione dell'obbligo in esame. Gli interventi previsti dalle norme suddette infatti non hanno natura sanzionatoria e, pertanto, non può essere fatto richiamo al principio di specialità. Né può, in generale, ritenersi che sia precluso il ricorso alle misure istituite per l'attuazione specifica della legge in ragione del fatto che sono previste sanzioni per la violazione di essa.
Per effetto delle norme soprarichiamate spetta al giudice rimuovere o superare decisioni dell'esercente la potestà che, in violazione di precisi doveri siano pregiudizievoli al minore stesso, adottando i provvedimenti che egli ritiene convenienti nell'interesse del minore.
Né l'applicabilità degli art. 333 e 336 cod. civ. per attuare la vaccinazione antipoliomielitica dei bambini contro la volontà dei genitori può trovare ostacolo nell'art. 13 della Costituzione. Va preliminarmente osservato, infatti, che il richiamo a tale norma è inconferente, in quanto la vaccinazione - o qualunque altro trattamento sanitario attuato nei confronti del bambino non ancora capace di intendere e di volere - non è configurabile quale trattamento coattivo né quando sia attuata dai genitori o su loro richiesta, né quando sia disposta, in loro sostituzione ed anche contro la loro volontà, dal giudice dei minori.
Tanto meno può ipotizzarsi che in queste ultime ipotesi si abbia una restrizione della libertà personale dei genitori, come invece sembra presupporre il giudice a quo. La potestà dei genitori nei confronti del bambino è, infatti, riconosciuta dall'art. 30, primo e secondo comma, della Costituzione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell'interesse del figlio la sua funzione ed il suo limite. E la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all'esercizio della potestà genitoriale. È appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice - allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore, quali la salute e l'istruzione - di intervenire affinché a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale delle norme della legge 4 febbraio 1966, n. 51 (Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica) in riferimento agli artt. 32 e 34 della Costituzione, sollevata, con l'ordinanza in epigrafe, dalla Sezione minorenni della Corte d'appello di Trento.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 marzo 1992
Fonte: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1992&numero=132